Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso
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Consiglio Pastorale Cittadino – 18 febbraio 2008 RELAZIONE DELLA GIUNTA DEL CONSIGLIO PASTORALE CITTADINO su PREMESSA Nella "Lettera a Diogneto", l'anonimo autore ci lascia una splendida documentazione sul senso di appartenenza e sullo stile di vita della comunità cristiana nei primi secoli del cammino della Chiesa. Nel capitolo centrale viene particolarmente evidenziato come i cristiani, pur integrati nelle loro diverse comunità "mostrano come sia meravigliosa [...] straordinaria la forma della loro vita associata", "trascorrono l'esistenza sulla terra ma sono cittadini del cielo", "obbediscono alle leggi [...]" ed "amano tutti [...]", in estrema sintesi: offrono una straordinaria testimonianza di fede e di vita alla loro comunità. Certo il concetto di "comunità" nei secoli e nelle diverse culture ha subito una evoluzione profondissima: tribù, clan, paese, ...campanile. Ai giorni nostri è sicuramente più difficile definire il concetto di "comunità", veniamo rimandati a vissuti sempre più allargati, ad un intrecciarsi di esperienze che non di rado riescono ad assumere maggior valenza in una logica di condivisione. In questa ottica abbiamo particolarmente apprezzato l'invito che ci è stato rivolto di costituire la giunta del Consiglio Pastorale Cittadino dopo circa un anno di pausa nei lavori di questo organismo. Crediamo di poter dire che tra i componenti si è creato un clima sereno, di grande collaborazione ed entusiasmo per le potenzialità di una istituzione vista come naturale estensione e "somma" dei vari Consigli Pastorali Parrocchiali. Un Consiglio Pastorale Cittadino che ci piacerebbe intensamente partecipato e basato su una continua osmosi propositiva con i diversi Consigli Pastorali Parrocchiali. Ci è parsa questa una straordinaria occasione di testimonianza della nostra fede alla comunità abbiatense, a partire dalla attenzione e condivisione delle molte belle iniziative che già animano le nostre parrocchie di origine, dando in tal modo anche migliore visibilità alle stesse. Riteniamo altresì che il cammino triennale sulla famiglia proposto dal nostro Arcivescovo, abbia ad avere anche in questo contesto un ruolo centrale, contemplando in sé anche le dimensioni pastorali, educativa e caritativa che sono già al centro delle attenzioni dei Consigli Pastorali Parrocchiali. Crediamo che, riscoprendo lo spirito delle prime comunità, tutta l'azione pastorale ne potrà risultare rinvigorita; per questo invochiamo l'aiuto incessante dello Spirito e siamo particolarmente grati al nostro Vescovo per la sua visita e per le indicazioni e l'incoraggiamento che ci vorrà dispensare. Ci sembra utile, prima di lasciare la parola a Mons. Delpini, fare qualche breve accenno alla situazione sociale e religiosa della nostra città, al fine di meglio contestualizzare l'ambito nel quale si troverà ad operare il nuovo Consiglio Pastorale Cittadino. LUCI E OMBRE DI UNA CITTA' Situazione demografica Abbiategrasso, città con oltre 30.500 abitanti (dati 31.12.2007) ha avuto negli ultimi anni un aumento della popolazione costante e graduale. Un aumento, quindi, contenuto e che conferma un fenomeno pressoché consolidato da parecchi anni, cioè che la crescita di popolazione è dovuta principalmente al trasferimento nel nostro Comune di persone che risiedevano altrove, considerando che il movimento naturale (cioè le nascite meno i decessi) partecipa all'incremento dei residenti in misura molto meno marcata. I dati riferiti al 2007 parlano chiaro: 313 i nati, 283 le persone decedute. Molto interessante risulta il fenomeno migratorio dei cittadini stranieri che dà un contributo sostanziale alla crescita della popolazione abbiatense. Basti pensare che solo nel 2007 sono venuti alla luce ben 44 bambini nati da coppie di immigrati. Una questione che ormai riguarda tutta la società civile. Per questo è necessario usare dialogo, rispetto e collaborazione per riuscire a vivere questo mondo vasto e complesso e far sì che diventi un'opportunità di arricchimento.
Situazione economico sociale Malgrado ciò Abbiategrasso vive come tessuto sociale ed economico una situazione di elevata contraddittorietà, in cui i segnali di ripresa si alternano con quelli di difficoltà oggettiva. La chiusura di fabbriche come la "Siltal" e altre di piccola e media grandezza ha portato Abbiategrasso ed in generale tutto l'abbiatense ad un certo malcelato pessimismo. Nonostante oggi venga riscontrata una leggera ripresa non è possibile fare previsioni a lungo termine. D'altronde si tratta di una città che sta cambiando pelle, una città che agli inizi degli anni Ottanta contava 8.500 occupati nel settore industriale, mentre ai nostri giorni ne conta 3.500. Non è il primo cambiamento epocale che interessa il territorio, ma se nei primi decenni del Novecento il contadino poteva trasformarsi in operaio, oggi chi perde il posto in fabbrica difficilmente ha la possibilità di reinserirsi in un nuovo posto di lavoro.
Tematiche giovanili La vera emergenza sociale è sicuramente quella legata alla gioventù abbiatense, ove fenomeni sempre più massicci di microcriminalità, droga, alcolismo stanno minando sempre di più il tessuto sociale giovanile. Secondo un'indagine effettuata nel 2004 gli adolescenti abbiatensi sono soprattutto simili a quelli che abitano nelle grandi città. Possono essere definiti ragazzi "full optional" perché hanno tutto: telefonino, computer, stereo, bicicletta e qualsiasi tipo di gadget elettronico. Eppure si sentono soli, tristi ed annoiati. E certo non aiuta nel suo complesso la mentalità abbiatense, chiusa ed individualista. Il bisogno primario degli adolescenti nei confronti del "mondo degli adulti" è quello di essere ascoltati, rispettati e considerati. In tal senso l'educazione dei giovani passa attraverso la rieducazione degli adulti. SITUAZIONE RELIGIOSA Cenni Storici La comunità abbiatense risulta divisa in quattro parrocchie: Santa Maria Nuova, San Pietro, Sacro Cuore, Sant'Antonio a Castelletto. Fino al 1578 Abbiategrasso fece parte dell'antica Pieve di Corbetta. L'importanza economica, strategica e religiosa sempre crescente, maturò nel Cardinale Carlo Borromeo la decisione di erigere la chiesa di Santa Maria Nuova, costruita nel 1378, in collegiata e plebana per il borgo e il territorio abbiatense. In quell'anno ad Abbiategrasso c'erano due parrocchie: San Pietro - la più antica, essendo stata fondata durante la dominazione longobarda - all'esterno del Borgo e Santa Maria Nuova all'interno. Vi erano inoltre 13 chiese, Confraternite e Monasteri. Di grande valore sociale era poi l'antica istituzione Caritativa curata dalla Confraternita di Santa Maria della Misericordia che dal 1504 gestiva anche un Monte di Pietà. A seguito di un notevole sviluppo non solo demografico viene istituita la terza parrocchia abbiatense: Sant'Antonio a Castelletto. Interessanti si rilevano gli atti della Visita Pastorale del Cardinal Ferrari nel 1901 che indica come sia stato egregiamente assorbito il trauma causato dalle soppressioni giuseppine, napoleoniche e post-unitarie. Si sono formate nuove forme di associazioni laicali, di congregazioni religiose e di organizzazioni educative e sociali. La ricchezza spirituale viene concretizzata dalla luminosità del Cappuccino Gaetano Vigevano nato ad Abbiategrasso il 30.08.1825 e morto a Casalpusterlengo col nome di p. Carlo da Abbiategrasso, in concetto di santità, il 21.02.1859. Grandi cambiamenti si sono verificati nell'abbiatense nei due dopoguerra. Da prevalentemente contadino e sostanzialmente stabile, l'ambiente diventa industriale, demograficamente mobile ed esplosivo, il che spiega perché il 10.09.1972 viene retta la nuova parrocchia del Sacro Cuore di Gesù. Sempre in quell'anno Abbiategrasso è stata scelta come capodecanato includendo nel suo territorio anche le due antiche pievi di Casorate e Rosate con una trentina circa di parrocchie. Dati generali sulle quattro parrocchie Come suddetto, la comunità religiosa abbiatense è divisa in quattro parrocchie. La più popolosa (dati 2006) è la Parrocchia di San Pietro con circa 13.000 abitanti e 4 sacerdoti diocesani. Segue la comunità di Santa Maria Nuova con circa 11.000 abitanti e 4 sacerdoti mentre la parrocchia del Sacro Cuore conta circa 4.000 abitanti e solo un sacerdote, avendo quindi il peggior rapporto abitanti/sacerdoti. Il quartetto si chiude con la parrocchia di Castelletto con circa 2.400 abitanti ed un unico sacerdote. Da considerare anche la chiesa di San Carlo presso l'Istituto Golgi e quella di San Francesco e Santa Caterina presso l'Ospedale, che fanno parte della pastorale sanitaria con due religiosi e un diacono. I sacerdoti forniscono l'assistenza spirituale anche agli ospiti della Casa di Riposo e dell'Hospice. La situazione delle parrocchie risulta pertanto disomogenea, considerando altresì che l'età media dei 10 sacerdoti diocesani è relativamente alta, ben 3 risultano residenti e un altro è prossimo alla pensione. A completamento dei dati generali sulle quattro parrocchie cittadine non può non esserci un cenno sugli Istituti Religiosi femminili che operano in città, molto attivi soprattutto in campo educativo, scolastico e assistenziale. Si tratta delle Suore Missionarie di Maria Immacolata presso 1' Istituto Golgi e delle Suore della Riparazione presso la Casa del Rosario per quanto riguarda la Parrocchia di Santa Maria Nuova e dell'Istituto Figlie di Betlem in quella di San Pietro. Presso la Parrocchia del Sacro Cuore sono insediate, invece, le Crocifisse Adoratrici dell'Eucarestia, attive nella Pastorale Parrocchiale.
NB I DATI RELATIVI AD ABITANTI E SACERDOTI SONO TRATTI DALLE GUIDE DEL DIOCESI DEL 2006-2007 Dati riferiti alla religiosità Termometro della situazione religiosa di una città è senz'altro la frequenza alla Santa Messa domenicale. Non possono lasciarci indifferenti, allora, alcuni dati riferiti alla nostra Abbiategrasso, peraltro in linea con quelli del decanato e della diocesi. Nell'indagine effettuata a novembre 2004 su 29.500 abitanti, la frequenza alle Sante Messe festive e prefestive è risultata di 6.057 persone, pari a poco più del 20%, o del 23% se escludiamo le classi di età fino a 7 anni e le persone anziane oltre 85 anni che non erano contemplate nell'indagine. Dai dati risulta evidente come la partecipazione all'Eucarestia riguardi una minoranza di persone se paragonata anche ad un'altra indagine effettuata dal settimanale "Ordine e Libertà" nel 1991 dove si evinceva che la frequenza alla Santa Messa domenicale si attestava intorno al 30/35 % della popolazione. Un calo di fedeli, quindi, accentuato anche se fisiologico in quanto la Chiesa e la società stanno attraversando un profondo periodo di cambiamento e ciò sta avvenendo in tempi velocissimi. Non solo, non si può discernere sulla vita parrocchiale se non si considera, come già specificato in apertura parlando della situazione demografica, la presenza di parecchie famiglie o di singoli provenienti per lo più da Milano e il suo hinterland. Queste si sono stabilite soprattutto nei nuovi edifici delle estreme periferie nord e sud della città, lontane, quindi, da ogni genere di servizi, che partecipano poco attivamente alla vita dell'oratorio o della parrocchia, anche per difficoltà di ambientamento. La sfida da affrontare appare pertanto quella di fare appassionare queste famiglie alla vita parrocchiale magari partendo dalla vita oratoriana dove, bene o male, tutti i bambini passano, per riuscire a costruire un rapporto fedele. Infatti i dati relativi alla partecipazione all'oratorio estivo sono incredibili: più di un migliaio di bambini presenti per circa un mese di attività nei quattro oratori della città. Sicuramente durante il mese di giugno e di luglio viene apprezzata la comodità di avere il proprio figlio in un posto ancora considerato sicuro: si tratta di fare apprezzare il lato di educazione e preparazione cristiana. La lettura dei dati relativi ai Sacramenti risulta invece molto aleatoria e approssimativa. Prendendo infatti la scheda relativa ai Battesimi, si rileva che nel 2007, ad esempio, su 313 nati, i battezzati sono stati 227, circa quindi il 72%. Il dato non deve trarre in inganno perché bisogna considerare almeno due fattori: a) ad Abbiategrasso circa il 20% dei nuovi nati sono figli di extracomunitari per lo più di religione musulmana; b) da parecchi decenni è invalsa l'abitudine di non battezzare i bambini subito dopo la nascita, ma di aspettare anche qualche mese prima di far celebrare questo Sacramento; il dato , comunque, è in perfetta linea con l'intera diocesi meneghina. Più interessante è il dato relativo ai Matrimoni religiosi. Sempre nel 2007, ad esempio, a fronte di un totale di 137 matrimoni effettuati ad Abbiategrasso, 77 sono stati celebrati con il rito concordatario, mentre quelli civili sono stati 60 con una proporzione di circa sei a quattro. Questo dato pone la città del Leone rampante in perfetta media diocesana e in generale lombarda, considerando che le proporzioni relative a Milano e alcuni comuni dell'Hinterland sono in generale invertite. Se la domanda di Sacramenti rimane costantemente elevata, così non si può dire delle vocazioni sacerdotali. Anzi, a dispetto del nome, la città non sembra fertile humus per questo impegnativo dono. Tutto ciò non fa che confermare una tragica situazione: la chiesa vista solo come dispensatrice di servizi. E una vera sconfitta per la chiesa abbiatense ma in generale anche per la città.
Intervento del Vicario Episcopale al Consiglio Pastorale Cittadino 18 febbraio 2008. "Le comunità parrocchiali della città sognano il loro futuro" 1. L’interpretazione del tempo. I dati che sono presentati nella relazione del consiglio pastorale cittadino descrivono caratteristiche salienti della vicenda civile ed ecclesiale della città e mostrano come gli elementi numerici e le dinamiche sociali che interessano Abbiategrasso siano comuni al contesto complessivo in cui la città è inserita e siano secondo le linee generali del tempo in cui viviamo. Ma il tempo e la situazione chiedono non solo di essere raccontanti ma anche interpretati. Si tratta cioè di confrontarsi con i dati per esprimere un giudizio a partire da criteri ispirati al Vangelo e per assumere la responsabilità conseguente. Il cristiano come interpreta questo tempo? Crisi (delle vocazioni, della trasmissione della fede, del rapporto Chiesa-società italiana)? Riorganizzazione delle risorse disponibili (ritirata, rilancio)? Sono tutte interpretazioni vere, ma non cristiane. L’unica interpretazione del tempo è quella indicata dal Signore. Questo è tempo di missione. 2. La missione dei cristiani. su La missione non è un progetto di conquista o una tecnica di proselitismo. È, piuttosto, la disponibilità a condividere un’attrattiva. Il Vangelo del Signore si propone come la buona notizia che illumina e consola, offre speranza e guarisce, aiuta a comprendere se stessi e il senso della propria vita. L’attrattiva del Vangelo risplende nella gioia dei cristiani. La gioia non ha la sua origine e la sua consistenza nella facilità della vita, ma nell’esperienza dell’amore. La relazione personale con il Signore, il tempo per dimorare nell’amore e le occasioni per mettersi a servizio di coloro che sono amati è il segreto della gioia cristiana. Forse la domanda più urgente non è: “che cosa dobbiamo fare?”, ma “come possiamo custodire la relazione personale con il Signore? E come possiamo vivere una coerenza con questa relazione (cioè amare come Gesù ha amato)?”. Forse questo conduce a domandarsi: che cosa non dobbiamo fare, per evitare di essere presi da tale frenesia da non avere il tempo per essere contenti, testimoni di speranza, trasparenza dell’amore di Dio? 3. La testimonianza ecclesiale. La gioia dei cristiani può essere attraente per le moltitudini o può essere insignificante, come un seme gettato sulla strada. Ma è l’unico compito consegnato da Gesù ai suoi discepoli. Come sarà la Chiesa che rende testimonianza? Sarà una comunità che riconosce la sua povertà: tutto è grazia. Anche la presenza di un prete, di un parroco, non è un diritto, ma il segno di una dipendenza (non possiamo procurarci chi si faccia carico del ministero in mezzo a noi). Anche la cura per il cammino di fede delle persone: non si trovano in ogni comunità le risorse sufficienti per accompagnare ciascuno, nei diversi ambiti della vita. La povertà riconosciuta libera dalle pretese e incoraggia la collaborazione. La tradizione gloriosa delle parrocchie si riconosce come frutto di una sapienza pastorale ammirevole, ma non si pone come una specie di assoluto. L’interpretazione del territorio pone sfide che si possono affrontare solo insieme. Sarà una comunità che riconosce la sua ricchezza: tutti hanno qualche cosa da offrire, tutti sono pietre vive, tutti sono chiamati con una vocazione santa. Nessuno è nella Chiesa per essere servito, tutti sono qui per servire. La vocazione di ciascuno non è una predestinazione, ma la responsabilità di scegliere secondo il dono dello Spirito che ciascuno ha ricevuto. 4. Una idea geniale. La pastorale d’insieme. su La intuizione dell’Arcivescovo di promuovere una pastorale di insieme risulta una indicazione autorevole e illuminante che prospetta prima che una riorganizzazione, una esperienza spirituale. Ogni comunità deve avere la sua identità e insieme deve essere inserita in una dimensione più ampia. Ci sono urgenze che possono opprimere e infastidire una comunità, ma che devono invece appassionare la Chiesa: l’accoglienza delle nuove famiglie, i luoghi di vita che prescindono dai confini parrocchiali (scuola, ospedali, ambienti di lavoro), i problemi epocali (presenza di migranti, problematiche giovanili). Ogni prete è anzitutto collaboratore del Vescovo ed è chiamato a operare per promuovere nelle comunità il volto attraente della Chiesa del Signore, secondo le indicazioni del Vescovo nel contesto del decanato. Ogni credente è chiamato per nome, cioè come una presenza che non si riduce ad essere utente di un servizio religioso, ma presenza gioiosa, pronta a condividere corresponsabilità e passione per il Vangelo. 5. Indicazioni operative. 5.1. L’imminenza della visita pastorale decanale richiede che ogni parrocchia presenti al decano e per suo tramite al vescovo la sua situazione. Questo adempimento può essere una nuova occasione per prendere coscienza della missione della comunità cristiana nel territorio. 5.2. La promozione della corresponsabilità laicale non è solo un’urgenza per supplire alla diminuzione e all’invecchiamento del clero, ma è un’esigenze di coerenza delle vita cristiana. L’assunzione di responsabilità nella chiesa richiede una formazione di base e una formazione specifica per gli ambiti di impegno pastorale che ciascuno è chiamato ad assumere. È pertanto da raccomandare che siano utilizzate al meglio e da tutti i laici interessati le occasioni formative in programma nelle singole parrocchie. Un coordinamento delle proposte formative per la città nel suo insieme potrebbe consentire di qualificare le proposte stesse e renderne fruttuosa l’esecuzione. Un salto di qualità può essere propiziato da alcune iniziative cittadine e decanali. L’avvio della “Scuola di teologia per laici” è un’opportunità da non sciupare. 5.3. In genere la programmazione comune di iniziative e di proposte può consentire calendari ordinati, può evitare sovrapposizioni e congestioni. Una programmazione comune, anche nella sua forma pratica del calendario, richiede una condivisione di criteri e di informazioni che nel Consiglio pastorale cittadino trovano il contesto più naturale. 5.4. Una forma più determinata e istituzionalizzata di pastorale d’insieme (Unità Pastorale, Comunità Pastorale) richiede una riflessione più approfondita e più condivisa. Forse la visita pastorale offrirà l’occasione per un progetto praticabile. Intanto eventuali nuove destinazioni dei preti presenti solleciteranno aggiustamenti e propizieranno riflessioni e collaborazioni. |