Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso
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Sotto la cura di Tomaso Azzimonti avvenne la fabbrica della nuova chiesa. Abbiamo la fortuna di avere una cronaca dei fatti scritta, come già ho accennato, da un tal Gianfranco Lazaroni, priore della Scuola del SS. Sacramento, il quale dopo d’aver accennato allo stato della precedente costruzione, così prosegue: “Molti sono stati li pareri che furono dati intorno alla ristaurazione della medesima. Li Scolari avevano sott’occhio il grande bisogno, ma riflettendo, che non avendo la Scuola entrate e fondi onde cavare ogn’anno qualche somma ragguardevole da impiegare, per impegnarsi in una fabbrica dispendiosa, non era assunto, che da loro si potesse sostenere. Si rivolsero pertanto alli Signori Compadroni e Reggenti della Comunità, quali vedendo l’indispensabile necessità di provvedere alla detta chiesa membro della stessa Comunità, fecero fare alcuni dissegni, e siccome fu rilevato, che il Popolo soggetto alla detta Parrocchia stentava a capire nel breve giro della vecchia, furono prese le opportune misure per dilatarla a proporzione in tutte le sue parti. Presentato e scielto quello del Signor Ingegnere e Architetto Francesco Croce dalli detti Signori Reggenti e Compadroni, l’anno I753 verso la metà d’agosto fu dato principio con mettere li fondamenti all’intorno della Chiesa cadente, e per intraprendere detto lavoro la Scuola prese un capitale di £. 4400 con l’interesse del 4%, al quale avendo aggiunto li Scolari e Parrocchiani spontanee oblazioni e limosine, oltre a diversi carreggi fatti per carità, con tale scorta gli riuscì di proseguire l’incominciata fabbrica per alcuni mesi dell’anno 1754, quale però non consisteva in altro, se non che nelle muraglie verso mezzogiorno e ponente, alzate sopra terra braza 4 circa e nell’ossatura dell’Oratorio annesso alla Chiesa. Disperando però la Scuola di poter proseguite, per essere mancante d’ogni soccorso, gli convenne tralasciare”. “Chi aveva fino allora assistito alla fabbrica, erano Fittabili e Giornalieri scolari delegati, a quali rincresceva il carico ingiuntoli, per dover stare sequestrati da loro mestieri, non senza danno delle loro respettive famiglie, e conoscendo dall’altra parte, non essere di loro inspezione il dirigere un affare tanto superiore alle loro forze, massime per le molte difficoltà e contrasti, che frequentemente insorgevano, stimarono di rinunziare alla loro delegazione. Così passo tutto l’anno 1755 senza nulla operare”. Dunque si iniziò finalmente la fabbrica della nuova chiesa che nelle discussioni si trascinava da decenni." Da quanto sopra riportato si deduce che, pur con il cantiere in atto all’intorno, continuava a funzionare la vecchia parrocchiale. lnfatti dal registro dei battesimi si ricava che il 27 aprile del 1757 venne conferito il Battesimo a Giovanni Domenico Cassani nella chiesa vecchia, ma il 2 Maggio sempre del 1757 il Battesimo è conferito a Carlo Giuseppe Corsi nell’Oratorio di S. Eusebio. L’impresa era enorme per le possibilità della popolazione e anche l’entusiasmo dimostrato all’inizio dai membri della Confraternita andò via via raffreddandosi a contatto delle difficoltà. Certamente c’era la difficoltà economica, ma forse creava difficoltà anche la “direzione comunitaria” a scapito di una mente unitaria nel prendere le decisioni. Stranamente la parte del curato non è mai sottolineata, si capisce che, nonostante non fosse ancora celebrato il Vaticano II con la promozione dei laici, il laicato di allora aveva la sua dignità nella Chiesa e ci sapeva fare. Comunque quelle mura perimetrali emergenti circa due metri dal terreno erano come delle braccia elevate al cielo che imploravano l’intervento di soccorritori. E questi non mancarono davvero. Tutto l'anno 1755 era passato senza nulla aggiungere alla iniziata fabbrica. "L'anno appresso fu proposto in un pieno Capitolo (della Confraternita) essere di precisa necessità il fare scelta di una persona, non solo sperimentata nell'arte del fabbricare, ma altresì comoda e benestante, la quale potesse e volesse sovvenire denaro in caso di bisogno, ed accettare la carica di Fabbricere. Il progetto era buono, ma di riuscita difficile. Il Signor Vincenzo Cattaneo fu che replicatamente pregato e supplicato accettò l'impegno, e che avrebbe condotta a suo termine l'opera incominciata, se non fossero insorti alcuni dispareri fra esso e la Scuola (la Confraternita), in grazia dei quali rinunciò all'incarico. Nel corso però di due anni, che ebbe il regolamento della fabbrica, non stette ozioso il suo zelo, mentre avendo fatte molte disposizioni per proseguire di proposito l'innalzamento della muraglia, fece li muri di concatenazione posti sotto terra, per legare li fondamenti de' quattro pilastri, che dovevano portare la cupola, ed inoltre un sepolcro tanto necessario al bisogno con disimborso eziandio del suo danaro, ne potendo più reggere in piedi la vecchia chiesa , la fece demolire, e però la Scuola gli deve molte grazie per li tanti incomodi sofferti". Quindi alla fine del 1756 scompare la vecchia chiesa, ma non del tutto, perchè si è continuato sino alla Pasqua del '57 ad amministrarvi i Battesimi, poi si passò decisamente nella chiesa di S.Eusebio. Il ricordo riconoscente al fabbricere Vincenzo Cattaneo deve essere non solo della confraternita di allora, ma anche dei parrocchiani che si sono succeduti in questi due secoli, quindi anche nostro. Riprende la cronaca: "Fu ripigliato il lavoro l'anno 1758 sotto la direzione di infrascritto per le replicate istanze de Scolari e parrocchiani, e particolarmente dell'Ill.mo Signor Marchese Don Giuseppe Citterio, uno de Signori Protettori, il quale compassionando le angustie e strettezze della povera Scuola, e scorgendo l'indispensabile necessità di ridurre al suo compimento la detta parrocchiale, con somma ragguardevole di denaro, e legami d'opera, e con altri validi soccorsi di oblazioni fatte da mentovati Scolari, e Parrocchiani, si cominciò da dover a proseguire l'opera incominciata, e mediante un ricorso si ottenne dalla Comunità (civile) un assegno di £ 3000 da scuodere ratealmente in quattro anni, come infatti seguì, così che con li mentovati soccorsi e col donativo fatto dall'Eminentissimo Signor Cardinale Giuseppe Pozzombonelli Arcivescovo di Milano di £ 7000, in occasione che del 1756 fu a visitarla, coll'intelligenza che detto denaro non fosse pagato se non allora quando la Scuola avesse atteso di proposito alla fabbrica, riuscì nel detto anno 1758 di alzare il coro e presbiterio con le due cappelle laterali e sagrestia, non senza speranza di poter proseguire sino al totale compimento". Certamente quando noi ammiriamo la nostra chiesa di S.Pietro diciamo che è molto bella, ma forse non pensiamo ai sacrifici di tempo, denaro e fatica che è costata e al concorso di tanti bravi cristiani che hanno contribuito. Qui la cronaca ne ha nominati alcuni per la posizione che occupavano e per la somma rilevante data, ma se pensiamo al valore che dà il Vangelo all'obolo della vedova, bisogna riconoscere che davanti a Dio chissà quanti avranno ricevuto un premio più grande. Per la fabbrica della nostra chiesa di S. Pietro il 1761, nonostante le nere previsioni, riservò una bella sorpresa. Alla cassa della Confraternita, ricca di debiti, venne in aiuto “L’oblazione di un capitale di £.400 fatta da un fittabile col respiro di sei anni, come altresì la scossa della quarta ed ultima ratta diedero moto al lavorerio fatto l’anno 1761. Prima però che si ripigliasse, nacque disparete intorno alla cupola; imperochè, credendo alcuni , che la spesa fosse per essere molto eccedente, rilevarono, che si dovesse fare il soffitto di legno, altri sostennero, e poi tutti in fine convennero, che si eseguisse il disegno, poiché non facendosi in quella opportunità di tempo, in cui sussistevano li ponti, mai più la Scuola sarebbe venuta in parere di farla costruere, si per non soggiacere a nuova spesa, come per non lasciar disperdere il grosso materiale allestito a tal fine. Di consenso unanime adunque, fu intrapreso il travaglio della mentovata cupola, e, a misura che si andava alzando, si scorgeva l’aggradimento de’ Scolari, Parrocchiani e persone d’ogni grado, che avevano il piacere di essere presenti al lavoro, fra li quali il M. R. Signor Tomaso Azimonti, parroco della suddetta chiesa, il quale oltre ad altri soccorsi prestati alla medesima, volle distinguersi particolarmente in questa occasione, col farla stabilire al di fuori a sue proprie spese e fregiarla con Gallo di ferro posto nella sommità, divisando con tale geroglifico il titolo che porta la detta chiesa parrocchiale”. Nella descrizione della costruzione della chiesa appare per la prima volta il nome e l’intervento del parroco di allora. Dunque fu sua l’idea di porre il gallo come emblema della chiesa stessa. Contrariamente a quanto dice il cronista, si tratta di un bel manufatto in rame sbalzato, come abbiamo potuto constatare durante i lavori di restauro del 1977, quando il gallo è stato dorato e recato al seguito della statua di S. Pietro durante la processione della festa patronale. In ferro sono invece le chiavi decussate e la tiara, che era consunta, si sostituì con l’acciaio. Il cronista Lazzaroni chiama questo intreccio delle chiavi con la tiara pontificia “geroglifico ”ad indicare una scrittura sacra che rappresenta una idea per mezzo di figure e disegni, come era per i templi egiziani. In realtà per i forestieri non è sempre tanto chiaro quel simbolo; più d’una volta si sono rivolti al sottoscritto per avere spiegazioni, perché, osservano il gallo sta sui campanili delle chiese protestanti. Non è affatto vero: il gallo è sempre stato nella liturgia cattolica interpretato come simbolo di vigilanza e di prontezza mattutina. S. Ambrogio ne parla nei suoi inni. Relativamente poi all’episodio del tradimento di Pietro, il gallo ci invita al pentimento delle colpe e al pianto per i peccati. Per i Sampietrini poi il gallo è più di un simbolo, e quasi una bandiera di identità che designa l’appartenenza al sobborgo della città. Da qui è nato il gruppo “Amici del Gallo”, ai quali auguro di prolungare e tramandare nei secoli questa particolarità. Il cronista commenta l’esito felice della cupola (il nostro “cupolone”) con un pensiero di fede: "E qui conviene ammirare l’infinita potenza e provvidenza di Dio, il quale sa porgere in tempo li opportuni soccorsi, poiché mancando la scorta del danaro, con cui pagare li operarii, provvide la Scuola di 100 scudi, provenuti da un legato dell’ Ill. mo Signor Marchese Don Giuseppe Arconati, altro dei Signori Protettori, quale morì al fine dell’anno e che prontamente fu adempito dall’Ill. mo Signor Marchese Don Galeazzo, fratello del Defonto, quale graziosamente si è degnato di assumere il patrocinio della medesima. Essendo pertanto la nuova chiesa terminata quanto al materiale, cresceva di giorno in giorno alli Parrocchiani e Scolari il desiderio di vederla finita, o almeno abilitata in maniera che si potesse officiare, e così sortire dalle angustie del mentovato oratorio (S. Eusebio)”. Terminata la costruzione della chiesa, almeno nelle sue strutture fondamentali, c’era da parte di tutti un gran desiderio di potervi officiare. Per potere fare questo bisognava almeno benedire il nuovo edificio e così avvenne. L’avvenimento ci è narrato in questi termini dal solito cronista: “Era giunto finalmente il tempo in cui questo gregge disperso doveva essere ricondotto al suo ovile; che però si fecero li opportuni riccorsi per la benedizione della nuova chiesa. Spettava una tale funzione al M.R.Signor Gio.Angelo Bernascone Preposo della Colleggiata di S. Maria Nuova del Regio Borgho d’Abbiate Grasso e Vicario Foraneo della Pieve, ma riflettendo alcuni al merito, che si era fatto il M. R. Signor Curato Azzimonti con le limosine precedenti e per vie più animarlo a beneficare la sua Sposa, si persuasero, che ad esso pure toccar dovesse la consolazione di benedirla come in fatti seguì. Riportato adunque il favorevole assenso, fu scelto il giorno 26 di marzo I763, che era il sabato precedente la Domenica delle Palme. Col previo avviso e invito, intervennero li Molto Reverendi Signori Curati di Zelo, d’Albairate, di Ozzero e di Castelletto con altri RR. Sacerdoti col seguito di molto popolo affollato per vedere la sacra funzione, quale durò circa un’ora e mezza e terminò con la Messa celebrata dal detto Signor Curato. Il giorno appresso seguì il trasporto del Divinissimo Sacramento dall’oratorio di S. Eusebio alla Parrocchia con l’accompagnamento di tutte le Confraternite del suddetto Regio Borgho con cereo in mano, precedute da un coro di Sinfonia e da molti Signori che chiudevano la processione con la loro gestatoria (candela), oltre al numeroso popolo accorso, per appagare la sua divozione. In tal guisa fu dato il culto alla nuova Chiesa Parrocchiale, quale è stata eretta da fondamenti, la di cui prima pietra fu posta il 12 agosto 1753; (giorno invero fatale, perché contrassegnato da un fiero temporale, che rovinò le campagne e ne fece provare anche nell’anno apresso le funeste conseguenze) e nel mentre che fu demolita la vecchia, si scoprì tanto meglio la necessità, che vi era di rinovarla totalmente, si per li gravi pregiudizi, che avevano sofferti li fondamenti, come altresì per le larghe fessure dehli archivolti e soffitto totalmente marcito, che, come fu detto di sopra, erano totalmente consunti e in atto di cadere”. Dunque viene qui confermato che la costruzione di una chiesa nuova era veramente necessaria e che non poteva più essere dilazionata, per cui non si è trattato di campanilismo, ma di un gravoso dovere. La scelta del parroco locale, il curato Tomaso Azzimonti, per la rituale Benedizione, ci fa intravvedere con quanta cura e sacrifici quel pastore d’anime abbia cooperato alla grande impresa. Il Signore dia a lui e a quanti hanno lavorato e offerto il meritato premio. |