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Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso

 

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Nel I826 venne nominato parroco di S. Pietro il sacerdote Giovanni Rota che era curato coadiutore di Melegnano.
Lui stesso da’ notizia del suo arrivo a S. Pietro con lettera inviata ai “pregiatissimi Signori fabbriceri” di questo tenore:
“Vengo con questa mia nuovamente a supplicar la sperimentata bontà di lor Signori con rendergli partecipi ch’io intendo(sempre che loro non sia di incomodo) di partire da Melegnano mercoledì prossimo di buon mattino per giungere alla mia parrocchia verso il mezzogiorno, indi prendere il possessore per le due circa pomeridiane, pranzare unitamente insieme nella mia casa parrocchiale. A tale effetto li prego di avvertire il Sig. Agente di casa Anoni che graziosamente si è offerto che per martedì 7 marzo si trova verso la sera in Melegnano; intanto non possa altro che essere sempre memore di tante lor finizze e protestarmi in tutto di lor Signori...
Notano bene ch’io intendo annuire in tutto ciò che loro signori rispettabilissimi desiderano e gli faccio mille scuse se appena arrivato l’ultima volta non mi recai subito loro motivo di mancanza di cognizione; ora che ho compreso il tutto tengano per certo ch’io bramo anzi gli prego con istanza a far sì che i preti d’Abbiategrasso non abbiano ad ingerirsi per nulla intorno all’evento”.
 

Lì 4 marzo 1826
Umilis.mo servo
prete Giovanni Rota
coadiutore Curato di Melegnano.
 

Si possono ricavare da questa lettera alcune conseguenze.
A - Si tratta di un coadiutore di Melegnano che era titolare del beneficio curatizio (come c’era fino a pochi anni fa in S. Bernardino per Abbiategrasso).
B - L’importanza che aveva allora la Fabbriceria. Possiamo paragonarla al Consiglio Pastorale di adesso.
C - La gelosa indipendenza voluta dai fabbriceri nei confronti dei canonici capitolari di S. Maria.
Del 1826 si conserva una bella descrizione della Festa di S. Pietro con relativo bilancio economico: raccolte £.306 e soldi e pagate spese per £. 162. Rimanenza £. 144 e s.18.
Nel 1828 il Card. Gaysruck, che non ha mai fatto la Visita Pastorale, venne in S. Pietro il 18 settembre e fece la Cresima a 750 tra ragazzi e adulti.

Il parroco Giovanni Rota rimase a S. Pietro soltanto sette anni . Venne infatti trasferito ad altra parrocchia alla fine del 1833. Forse non fu estranea alla sua rimozione la difficoltà di rapporti che si erano instaurati tra parroco e Fabbriceria.
Se ho interpretato bene i documenti d’archivio, il Rota era troppo preoccupato per l’amministrazione economica. E’ pur vero che in quei tempi le parrocchie erano soggette a parecchi controlli fiscali: a livello locale controllava la Fabbriceria e la Deputazione all’Amministrazione comunale. A livello provinciale l’Imperial Regia Delegazione ( Abbiategrasso allora era provincia di Pavia, distretto VIII ) e al di sopra ancora l’Imperial Regio Subeconomo, che allora era Don Luigi Castiglioni, parroco di Ossona.
Subito appena arrivato nel 1826 volle veder chiaro circa la distribuzione delle elemosine da parte del Luogo Pio della Misericordia, che in base ad un lascito di Cristoforo di Carate, parroco di Bestazzo, aveva disposto di un cospicuo patrimonio per i poveri della parrocchia di Abbiategrasso. Si era nel 1502, quando l’unica parrocchia era S. Pietro. Naturalmente le cose si erano evolute e le elargizioni andavano anche in S. Maria.
C’era un unico Campo Santo, a chi spettava amministrare le elemosine che vi si raccoglievano? Il parroco Rota diceva: spetta alla Confraternita di S. Pietro; gli altri dicevano: ci sono anche i nostri morti. Dovette intervenire la Delegazione provinciale ordinando di fabbricare 5 chiavi con tre serrature diverse(1827).
Altri attriti con i fabbriceri si ebbero per la custodia dei documenti d’archivio, ma il culmine si raggiunse nel 1832 quando lo scontro con la nuova Fabbriceria da poco eletta per i seguenti cinque anni, successe il “fattaccio” e cioè per la festa di S. Pietro la banda militare invitata a solennizzare le funzioni patronali, dopo i Vespri, “osò” suonare nel cortile del Fabbricerie Antonio Marzoli e non nel cortile del parroco. Questi in piazza, alla presenza del coadiutore, del sacrista e di parecchi parrocchiani, apostrofò in malo modo il priore Carlo Quarti, che sentitosi offeso, inviò una “ammonizione al parroco sul di lui cattivo contegno”.
Noi adesso ridiamo di queste cose, ma era il clima di quel piccolo mondo antico.
Nonostante tutto durante la cura del parroco Rota qualcosa di concreto si è fatto: nel 1928 per la prima volta si sono messe in chiesa “100 cadreghe in comodo del pubblico” con il concorso del Comune si istallò il parafulmine sul campanile, nel 1831 su richiesta di Prima Giuseppe, Noè Francesco, Rossi Andrea, Albetti Pietro, Pozzi Giuseppe, Bonechi Carlo il falegname Prina Giuseppe fece un “cassopanco di pechia” da porre nella cappella di S. Sebastiano per le divise dei confratelli e nel 1832 si fece un armadio di sagrestia in noce, sempre dal falegname Prina.

Certamente anche questo parroco avrà svolto la sua missione pastorale e, se ha cooperato a fare acquistare qualche merito in più ai parrocchiani suoi collaboratori, non ha sciupato il suo tempo.