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L’oratorio di S. Eusebio, in corso S. Pietro, nel quale era eretta la
Confraternita, o meglio la Congregazione dei SS. Dodici Apostoli e di S. Maria
delle Grazie era angusto, ossia piccolo, per cui nacque nei confratelli il
desiderio di costruire accanto alla nuova chiesa parrocchiale anche un nuovo
oratorio. Infatti nel perimetro della nuova costruzione era inclusa un’area
destinata a questo sco-po,anzi insieme con i muri perimetrali della nuova chiesa
si erano innalzati fin dal 1753 anche quelli di detto oratorio. Ma se i mezzi
scarseggiavano per la nuova chiesa, ancor più erano scarsi quelli destinati
all’oratorio. C’era poi l’urgenza di terminare la parrocchiale, al resto si
serebbe provveduto in seguito. Ecco perché radunandosi gli Scolari “nella salla
Capitolare di S. Pietro il 15 giugno 1767 (è sempre Francesco Lazzaroni che
scrive), si è fatto 1’accordo con Mastro Benedetto Varino, di questo borgo,
muratore, di fenire il novo Oratorio ciovè col pagamento de lira cinque cento
venti cinque, dico £. 525 intendendossi però che si stabilise il detto Oratorio
già fatto l’osatura sino 1'anno 1763 e di presente terminarlo col prezo
sopradeto e che però nel detto il sudetto Benedetto Varino deve fare un novo
sepolcro di fondezza brazza n.4/6, 1arghezza in quadro brazza n. 5 di netto e
che dovesse fare il suo pavimento da metoni e che dovesse fare un cornigione
moderno a tutto gradimento delli Scholaci e che sii stucato con polvera di marmo
bianco e tutte le lesene medemamente e che si dia la tinta persigina al muro
solio e che però il medemo Benedetto Varino muratore col sopradetto prezzo debba
comprar dal suo tutta la calcina che bisogna tanto nella stabilitura, quanto nel
sepolcro, quanto nel pavimento; di più che esso deba comprare la polvera di
marmo che bisogna come pure tutto il giesso di presa per il cornisone e il
colore per la tinta insoma a opera fenida a riservo del materialle che bisogna
per il sepolcro e metoni per il pavimento sie acordato alla presenza di sei
delegatti ciovè Pietro Schotti, Giuseppe Migliavaca, Francesco Gioletta,
Ambrogio Lovatti, e Giuseppe Parino e Carlo Caratte con 1’asenso del priore
Giovan Gierlo e sotto priore Giovan Batista Gioleta di dare per suo intiero
pagamento tra la sua fatura o sia lavorerio e calcina e giesso e polvera di
marmo bianco in tutto £. 525.”
Così si esprimeva nel suo maldestro italiano, ma con tanta fedeltà e precisione
il cronista di allora, che potrebbe essere il già incontrato Francesco
Lazzaroni.
Dunque l’architetto Francesco Croce, incaricato di progettare la chiesa di S.
Pietro, fornì anche il disegno del piccolo edificio accanto alla parrocchiale,
ma da essa del tutto indipendente, con ingressi propri dalla strada per
Cassinetta e sagrestia propria.
L’oratorio venne completato nel 1767 con altare in legno addossato alla parete
meridionale, decorata con una finta architettura scenografica (come risultò
durante i restauri del 1988), con sovrastante una nicchia per la statua lignea
della Madonna delle Grazie, che venne qui trasportata dall’oratorio di S.Eusebio;
invece 1’urna con lo scheletro di S. Restituta venne portato in S. Maria Nuova.
L’opera completa venne a costare £. 792.
Ma, osserva il cronista:”In tutto l’opera dal Oratorio doveva importare se noi
avesimo dovuto pagare il tutto, anche il lavorerio riciuto (ricevuto) per carità
e la roba riciuta per carità sarebe importato la soma de £.884".
Ma come al solito il diavolo ci mise la coda, e così segue la nota: ”Da queste
lira 884 resta di pagare la Scholla solamente lira 502.”
L’opera era costata £.884, di cui 91 si erano risparmiate in materiali
donati, e £. 291 si erano già pagate; rimaneva appunto un debito di £. 502.
Ma il cronista fa osservare che “quelli che erano delegati piu non po(sso)no
pagare perché la potentissima nostra Sacra Maiestà ha proibito tutti gli
acquisti che si faceva per qualunque Oratorii perciò la Scholla avendo fatto
questo Oratorio per comodo delli Sigg. Scholari come pure solamente essa ha il
permesso di fare le cerche mentre resta di pagare alli nominati qui di
sotto...”.
Era imperatrice d’Austria Maria Teresa, che portava il titolo di Sua Maestà
Apostolica e come tale si sentiva in dovere di intervenire negli affari della
Chiesa. Suo figlio, il famoso imperatore “sagrestano” farà di peggio. Ma in
quelle disposizioni civili dell’Austria c’era la preoccupazione di non spendere
soldi per il culto e 1’edilizia ecclesiastica perché si ritenevano tutti soldi
sottratti al fisco statale. Comunque, con fatica, il debito fu saldato, e
1’oratorio fu solennemente benedetto il 26 lugl o 1768:
“Solenamente dal Sig.Prevosto di Abbiategrasso con 1’intervento del nostro
Sig.Curato di S.Pietro come uso patronalle di sua parocia come pure il Sig.
Cuoditore e N.4 capelani e molti Scholari mentre il deto oratorio si e dedicato
alla Santissima Trinitae alla protezione di Maria Vergine Incoronata e doppo la
Benedizione immediatamente il M. R.Signor Prevosto ha celebrato in detto la
prima Messa con gran Popolo ad ascoltarla”.
Tutto questo durò fino al 1868. lnfatti esattamente cento anni dopo, il parroco
Giovanni Bernacchi ha lasciato questa nota:
"Anno 1868 - 24 Agosto
Demolito 1’esistente altare a muro e pittura, venne eretto il presente in marmo
per offerta de Parrocchiani e del R.Sacerdote Don Gaetano Gnocchi sopra disegno
dell’ ingegner Carlo Annovazzi, eseguito da Botticelli Giacomo e fratelli di
Viggiù, essendo parroco Don Bernacchi Giovanni e Fabbriceri Calderara Aronne,Botteri
Antonio, Gioletta Felice".
Da notare che 1’altare in marmo, collocato a Nord, di fronte all’apertura
comunicante con la chiesa, fu posto sotto una nicchia con la statua della
Madonna delle Grazie, togliendo quindi la tela raffigurante la SS. Trinita che
era stata posta in origine. Quando nel 1988 venne modificata la mensa, s’è
trovata una bottiglia contenente un foglio polverizzato in quanto che la
bottiglia si era rotta, e in un anfratto tra i mattoni, un pezzo di carta
strappato con in numeri: 4 - 34 - 45 e il nome del muratore Adami Carlo Giovanni
1868 anni 51 e mezzo. Don Gaetano Gnocchi era sampietrino che fu prevosto di
Rosate e l’ing. Annovazzi era il padre di Don Camillo.
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