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Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso

 

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DON ANGELO        DON MARIO        DON CARLO

 

RIFLESSIONI PROPOSTE DA DON MARIO MAGNAGHI

NEL QUARANTESIMO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE

 

La domanda di Gesù "Voi, chi dite che io sia?" e la risposta "Tu sei il Cristo!", momento cruciale per Pietro (Lc. 9,18-24). Ripercorriamo la sua storia di Discepolo, la crescita nella conoscenza di Gesù: somiglia alla nostra!

 

PRIMI INCONTRI, PRIMA SINTESI: È "IL SIGNORE".

Noi conosciamo confrontando le impressioni di un incontro attuale con esperienze precedenti. Per questo è così importante l'ambiente familiare: un'esperienza di rapporti sereni all'inizio dispone ad aprirsi alla vita senza pregiudizi malevoli. Gesù ha scelto la "casa di Simone e Andrea" come base del ministero in Cafarnao: lì guarisce la suocera di Pietro, lì calano dal tetto il paralitico e Gesù gli perdona i peccati e lo risana (Mc. 1, 2931; 2,1-12). Pietro vede e si domanda "Chi è mai costui?".

Gesù sceglie di parlare alla gente dalla sua barca e poi ecco la pesca miracolosa (Lc. 5, 1-8): Pietro, che prima lo aveva chiamato Maestro ora gli dice "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". La dolcezza del soccorso ai malati, il perdono dei peccati. Non avevano preso niente faticando tutta la notte, ed ecco il dono di una pesca straordinaria: gioia inattesa per la piccola cooperativa di pescatori frustrata dall'inutile fatica notturna. Pietro avverte la, potenza di Dio (guarisce, perdona i peccati, comanda ai pesci); vede la tenerezza di Dio che nutrì il popolo nel deserto (cfr. Osea 11, 1-4). In lui si forma una prima sintesi dell' esperienza con Gesù: Egli è il Signore!

 

SECONDA SINTESI: È "IL CRISTO". DISCERNIMENTO IN RAPPORTO ALLA PROPRIA VITA.

Cristo significa Consacrato con l'unzione per salvare il popolo. Il Signore è da adorare; il Cristo, per un Ebreo, è da seguire. Il popolo attendeva un Messia, un Cristo, condottiero, che risollevasse il Popolo dall' asservimento ai Romani e ricostituisse il Regno di Davide. Gesù ha la potenza e la tenerezza di Dio: é Lui il Cristo! Così Pietro esclama alla domanda "Voi, chi dite che io sia?"

E subito gli si fan vive prospettive di imprese guerresche (notte del tradimento: pronte due spade! Lc. 22, 38 dice "uno dei discepoli"; da Giovanni sappiamo che è Pietro a usare la spada).

Ma Gesù parla di croce, e Pietro tenta di ricondurlo alle proprie aspettative: Luca non lo annota, invece Marco, formato sulla predicazione di Pietro, riporta la reazione di Gesù ``Via da me, satana".

( Mc. 8, 23). Che confusione in Pietro! Sta con Gesù perché "lui solo ha parole di vita eterna ed è uscito da Dio" (Gv. 6, 68). Il culmine è nel cortile del Sommo Sacerdote: tre volte il discepolo rinnega il suo legame con il Maestro. Ma al canto del gallo i suoi occhi incrociano lo sguardo di Gesù (Lc. 22, 61), nella mente e nel cuore risuonano le parole "mi rinnegherai ... tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc. 22, 31-34), e un pianto liberatore gli apre gli occhi. Il suo errore non lo divide da Gesù: l'amore che perdona è più forte ... sconfiggerà anche il sepolcro!

 

SINTESI FINALE: "VOGLIO ESSERE TUO AMICO".

Gesù risorto, presso il lago di Genezareth, dice a Pietro "Mi ami tu?". Gli chiede se é pronto al dono della vita. La risposta è "Sai che sono tuo amico". La terza volta Gesù stesso abbassa la richiesta: "Sei mio amico?" L'amicizia tollera anche momenti di smarrimento ... Pietro risponde "Sai tutto: sai che sono tuo amico!" (Gv. 21, 15-19). Ha capito che la fede non è uno schema, ma una storia. Solo a stare con Gesù si capisce chi è, che cosa si deve fare. Capirà ancor meglio quando, anziano, accetterà che altri lo cinga e lo conduca dov'egli non vorrebbe.

Pietro, discepolo del Signore, aiuta noi discepoli di oggi a capire che non dobbiamo fare di Gesù il puntello per progetti nostri ma accettare il Suo, cioè il dono della vita. Che la fede non è schema filosofico ma stare insieme con Lui e tra noi. Che Lui accetta la nostra amicizia anche quando abbiamo sbagliato, perché ha il potere e la forza di perdonare. Te l'ha dato Lui come compito tuo proprio: sei tu la pietra sulla quale costruirci!

                                                                                                                                don Mario

 

RIFLESSIONI PROPOSTE DA DON ANGELO CAZZANIGA

NEL QUARANTACINQUESIMO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE

 

Siamo qui a pregare come Chiesa, per pregare i nostri fratelli defunti

 

Il primo sentimento che vogliamo esprimere al Signore è quello del ringraziamento.

Siamo qui perché siamo stati chiamati nel Battesimo a far parte della Chiesa che è il “corpo” di cristo e siamo contentissimi di aver scoperto di essere amati infinitamente da Dio che ha mandato il suo Figlio a morire sulla croce per dare a noi la possibilità di entrare nel “circolo trinitario” (Padre, Figlio e Spirito santo) nella attesa di poter contemplare un giorno il volto di Dio e gioire con gioia che non si può esprimere, con tutti i Santi.

 

Siamo qui a celebrare l’Eucaristia come Chiesa.

Il soggetto che celebra l’Eucaristia è la Chiesa e non il solo prete. Una volta si diceva che si andava in Chiesa per “ascoltare” la messa. Il Concilio ci ha fatto capire che il soggetto della celebrazione è tutta la Chiesa che ha come capo Gesù e tutti noi che siamo le membra del corpo di Gesù, ciascuno con i suoi doni diversi, a beneficio di tutto il corpo.

Il prete è sull’altare non perché è più bravo degli altri, ma perché ha ricevuto questo dono a beneficio della Chiesa.

Dobbiamo però pensare che con noi a pregare ci sono anche tutti i santi.

 

E noi siamo qui a pregare in modo particolare per i nostri fratelli defunti, per quelli che sono ancora in Purgatorio, cioè per quelli che non sono ancora arrivati a d amare Dio con tutto il cuore e ad amare i fratelli come li ama Gesù.

Il Signore, nella sua bontà, oltre al tempo che hanno avuto in vita, dà altro tempo per questa “maturazione”.

Ma che senso ha il pregare per loro? Con quale “faccia” noi, che siamo peccatori, possiamo dire a Dio, che è infinita bontà, “dona a loro l’eterno riposo”?

Ma se la Chiesa ci dice che è cosa buona pregare per loro, vuol dire che è importante pregare per loro.

E questo perché?

Perché, pregando per loro, siamo noi che cresciamo nell’amore e quando, nella Chiesa, uno cresce nell’amore, arricchisce spiritualmente tutti i membri della Chiesa, così che, se le anime purganti ricevono questo aiuto, possono, se vogliono, crescere nell’amore verso Dio e verso i fratelli e così arrivare a contemplare a viso scoperto il volto di Dio e gioire con tutti i Santi.

 

Dobbiamo allora vivere bene questa Eucaristia.

Solo se con il contatto di Cristo morto sulla croce ci convertiremo riusciremo a dare ai nostri fratelli defunti questo aiuto.

La “beatitudine” allora incomincerà da questa vita. Chi segue Gesù comincia a sperimentare il Paradiso già da questi vita

Ma in Paradiso vedremo ancora i nostri fratelli che abbiamo conosciuto ed amato in vita? Certamente!

Le relazioni umane sono importanti. Il fatto di esserci incontrati in vita, segna anche il nostro rapporto nell’eternità.

                                                                                                                                Don Angelo