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Omelia di Don Roberto Mazzucchelli per i quarantacinque anni di Sacerdozio di Don Luigi Volpi 29 giugno 2000
“La storia di una comunità è importante. Deve essere raccontata senza stancarsi, deve essere scritta e riscritta. Facciamo così in fretta a dimenticare quel che Dio ha fatto per noi.” Sono parole di Jean Vanier, il il noto autore di “Comunità luogo del perdono e della festa”. Parole che oggi sentiamo come profondamente vere. Ma è anche cosa assai difficile raccontare e raccontarsi. Un giovane francescano ha detto: “Non chiedetemi di raccontarvi la mia storia: quando saprete dirmi cosa c’è fra due innamorati, vi dirò cosa c’è fra me e il mio Dio: è un amore silenzioso come i giorni feriali e sempre nuovo come i giorni di festa” So che Don Luigi non ama i toni celebrativi, ma mi permetta di esprimere tutta la gratitudine per i molti doni ricevuti, nella convinzione che “nella nostra capacità di ricordare noi cresciamo”. Del resto il popolo di Israele riconosce il suo amore per Dio ricordando i benefici da Lui ricevuti…! E poi noi tutti impariamo più da quello che vediamo che non da quello che ascoltiamo. Paolo VI disse un giorno che “Il nostro tempo ha più bisogno di testimoni che di maestri…” Un’antica fiaba indonesiana racconta: <<…Si avvicina la stagione delle piogge, e un uomo molto anziano scavava buchi nel terreno. “che cosa stai facendo?” gli chiese il vicino. “Pianto alberi di mango” gli rispose il vecchio. “Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”. “No, io non vivro abbastanza a lungo per poterne mangiare, ma gli altri si. L’altro giorno ho pensato che, per tutta la vita ho gustato manghi piantati da altri. Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”>> Caro Don Luigi, per tanto tempo abbiamo gustato la sua presenza in mezzo a noi. Ho ben presente nella mia memoria il primo incontro sul sagrato di questa chiesa di S. Pietro una lontana domenica di ottobre , quando mi ha preso per mano e, in dialetto mi ha detto: “adesso vieni con me!”. Sono passati trent’anni da quella mattina. Ed ora ci troviamo qui per dire grazie per tutto il bene che ci ha donato. Io, in particolare, la voglio ringraziare per l’esempio sacerdotale che mi accompagna da sempre. Da lei ho imparato che un prete deve saper dimostrare due cose: - Essere un uomo di preghiera - Essere un uomo di ascolto Un uomo di preghiera E’ vero che ognuno di noi vorrebbe un prete come…un prete sulla propria misura, con gli stessi gusti…Il popolo di Dio si lamenta sempre dei sui preti… “Se predica lungo stanca. Se predica corto non ha idee…se ha una macchina è un capitalista; se non la possiede non può arrivare a tutti…Se ha un computer perde tempo giocando; se non lo possiede non è al passo coi tempi…se va a trovare gli ammalati non è mai in chiesa; se lo si vede in chiesa non pensa alle persone più deboli…” E via di questo passo. Come dice il Vangelo: “E c’era dissenso fra loro…” Ma è pur vero che dopo i nostri sfoghi ciò che chiediamo più di tutto a un sacerdote è di essere un uomo di preghiera. Un uomo capace di mettersi in ginocchio e che insegni alla sua gente a fare lo stesso. Un uomo capace di silenzio interiore per permettere alla Parola tutta la sua risonanza.
Un uomo di ascolto Potrà sorprendere che non abbia detto “uomo di parola”. Ma per poter dire una parola è necessario saperne ascoltare tante. Se mi accosto ad una persona e mi metto in ascolto, la sua ricchezza entra nella mia povertà. Saper ascoltare significa avere il cuore grande come il mondo, vuol dire avere il mondo nel cuore. Grazie, don Luigi, per questi doni immensi. Grazie per la passione e l’amore per la liturgia e la passione per la lettura che, magari inconsapevolmente, mi ha trasmesso. Se la comunità sanpietrina si trova oggi rinnovata nella sua fede lo deve anche a questi esempi quotidiani. E concludo. “La in mezzo a tanta gente, un gufo dall’alto guardava e insegnava. Guardava con i sui occhi immensi pieni di luce. Alludeva agli occhi smisurati E misericordiosi di Dio. Insegnava l’arte ineffabile Di sgranare gli occhi sulle cose invisibili Di saper scrutare nelle tenebre Di cantare anche nella notte annunciando l’alba perché nessuna mezzanotte dura a lungo. Invitava a saper vedere di più A saper vedere dentro A saper vedere oltre. E siccome Le radici del cuore sono negli occhi E nulla è più urgente che ringraziare Volevo dire grazie al cuore grande Ricco di generosità Di gratuità Di fantasia Di premura Di attenzione di don Luigi Grazie!
Quarantacinque anni di messa sono un traguardo altissimo, ma mi permetta, caro don Luigi di dirle ancora con tutti i sampietrini “Ad multos annos!” |