Parrocchia San Pietro - Abbiategrasso (MI) - Corso San Pietro 64 - 0294967330 - parrocchia@sanpietro.cc
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TESTIMONIANZE NELL'OCCASIONE DELLA MORTE Anche in questo mese il parroco, molto
volentieri, cede ancora una volta la parola a persone che hanno lasciato e
possono continuare a lasciare un segno nella nostra vita. La parola ci giunge
soprattutto dalla testimonianza che ci hanno offerto queste persone, ma anche
attraverso la voce di chi è stato segnato nel profondo del cuore dall’incontro
con tali persone. Questa volta tocca al nostro carissimo Padre
Giancarlo Bossi che da pochi giorni si è affidato per sempre al Signore, nella
pienezza della Vita. “Nella persona di Giancarlo Bossi abbiamo visto come agisce Dio …” sono state le parole conclusive dell’omelia di Padre Politi al funerale. Questo è avvenuto nella sua umanità, nel suo distacco dalle “cose” che lo ha reso veramente povero, capace così di gustare ogni bellezza del creato e dell’opera uomo; il Signore ha potuto farsi incontrare in Padre Giancarlo nel suo farsi vicino ad ogni persona, simpatico, semplice, vero, profondo, gioioso; nella sua fede continuamente ricercata, vissuta, testimoniata ... invocata; nel suo essere pastore attento, saggio e solerte, saldo, ricco di forza e tenerezza, dalla parte dei piccoli. Gli scritti riportati più avanti possono
aiutare proprio a riconoscere quell’azione di Dio in Padre Giancarlo. Accanto a queste parole possiamo mettere anche quelle ascoltate da Don Roberto e da Don Egidio nell’occasione dei loro anniversari sacerdotali. Non le ricordo con precisione, ma hanno segnato il cuore di chi le ha ascoltate: parole semplici e profonde, ricche di una grande fede, cariche di intensa umanità e passione per il Signore e per le “pecorelle del gregge loro affidato”. Parole capaci di orientare un nuovo anno di
vita pastorale, anzi una vita intera! Parole capaci di far sentire vicino il
Signore, di rendere attenti alla sua voce e magari anche di rispondergli con
generosità. Una volta è il profeta Elia che si scoraggia
fino a voler morire, quando vede la “sua” strepitosa vittoria per il “suo” Dio
tramutarsi in fallimento e fuga. Poi però si lascia condurre per mano, proprio
da questo Dio, e cammina e cammina verso di lui. Gli consegna tutta la vita, gli
permette di capovolgere l’immagine stessa di Dio che lui, profeta, aveva in
testa. Alla fine arriva a “sentire” Dio. Un’altra volta è il cieco Bartimeo, che,
all’invito del Signore, balza su con tutto l’entusiasmo del suo cuore, getta
via, col mantello, tutto quanto aveva di prezioso e corre. Lui, cieco, corre da
Gesù, quel Gesù che compie meraviglie “per strada e a tavola”,
dentro la vita di ogni giorno, anche nella tua. pur di riuscire ad accendervi la
fede. * * * * * *
*
La parola di Padre Giancarlo
ai giovani radunati a Loreto con il Papa “Ho compassione dei miei
rapitori, poveri diavoli abbruttiti dalla povertà”
su
Santo Padre, sono felice di essere con lei
questa sera per dire il mio grazie: a Dio per aver ancora una volta tenuta
amorosamente la mia vita nelle sue mani; a Lei per avermi portato nel suo cuore
di padre durante il mio sequestro; a tutti questi giovani perché con la loro
preghiera e il loro amore mi dato il coraggio di rimanere fedele a Cristo, alla
sua Chiesa, alla mia vocazione missionaria e alla gente a cui appartengo. Grazie
in nome di Dio. Mai avrei pensato nella mia vita di trovarmi
di fronte a tanti giovani. Chiedo scusa se mi vedete impacciato. La parola non è
il mio forte. Sono convinto che ciascuno di noi ha un sogno da realizzare.
Ciascuno di noi ha qualche cosa da dire. Non solo con le parole; c’è anche chi
si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso.
L’importante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare!
Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali! Io ho iniziato a sognare quando ho
deciso di entrare in seminario, ho continuato il mio sogno durante la mia
ordinazione sacerdotale, l’ho vissuto nelle Filippine per tantissimi anni. L’ho
toccato con mano durante i giorni del mio rapimento. Sono un missionario dico un povero
missionario, uno delle migliaia di preti impegnati in tutti i paesi poveri del
mondo. Vivo nelle Filippine da 27 anni. Continuerò a farlo. Spero. Questa storia
non mi cambia, non mi cambierà. Anzi, no, qualcosa di diverso c’è: ho smesso di
fumare e spero di non riprendere. La mia avventura è iniziata il 10 giugno,
festa del Corpus Domini, una festa a cui tengo molto. Avevo detto Messa alle
7.00 nella chiesa di Payao, poi ero salito sulla moto per andare a un’altra
celebrazione. Ho visto questi uomini in divisa, con i mitra.
Pensavo fossero dell’esercito. Poi ho capito, ma la frittata ormai era fatta. Mi
avevano preso. Ricordo che quando stavo salendo sulla barca con loro il mio
primo pensiero è andato alla gente della mia parrocchia in Payao. Durante il
lungo viaggio in mare, coperto da un telone, mi sono chiesto che cosa il Padre
mi chiedeva. E’ così sono iniziati i 40 giorni di prigionia. Ho patito la fame,
tantissimo, e la fatica. Ma non ho mai avuto paura di morire. Cercavo di parlare
con i miei rapitori. Ho chiesto loro: «Voi pregate come me il Dio della Pace.
Com’è che lo fate col mitra alla sinistra e un sequestrato alla destra?» Mi
hanno risposto che Allah è nel cuore. Il rapimento è lavoro. Pagati per eseguire
un rapimento, l’hanno fatto.
su
Sono stato per quaranta giorni sulle montagne.
Mi ci hanno portato con forza. Però ho visto attorno a me persone povere,
spaventate. Persone che volevano farsi forza tenendo tra le mani un fucile. Per
loro ho provato compassione. Ho cercato anche di mettermi nei loro panni. Anche
in loro ho visto la bontà di Dio. Quel Dio che ti prende per mano e che non ti
lascia solo. Quel Dio che ti fa superare le paure e che entra in rapporto con te
chiedendoti la totale disponibilità. Durante i quaranta giorni del mio deserto
nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più
essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà
con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Ti fa recuperare la dimensione del
tuo essere dono. In quel momento ho chiesto al Padre di mandare un prete a
Payao, che sapesse amare la gente di Payao. I miei rapitori erano tutti giovanissimi,
intorno ai vent’anni. Ho capito che avevano già ucciso. Cercavo di capire con le
mie domande, di fissare un dialogo con i rapitori. Mi sono reso conto che anche
loro sono dei poveri diavoli, abbrutiti più dalla povertà che dalla volontà di
fare del male. Dall’esterno non arrivava nessuna notizia. I giorni passavano e
mi sentivo scoraggiato. Col rosario mi tenevo aggiornato sulle date, ma la conta
è stata estenuante. Temevo che il rapimento sarebbe durato 3, 4 mesi, così
quando mi hanno detto che mi avrebbero lasciato andare non ci ho mai creduto.
Pensavo mi prendessero in giro. Invece, mi hanno liberato. Il 19 luglio.
su
Ma permettetemi un ultimo pensiero: mi sono
chiesto molte volte il perché del mio rapimento, perché proprio a me, che amo
lavorare nel nascondimento e mi sono detto che ci sono molte persone che non
vogliono pubblicità ma che nel segreto ogni giorno si prendono cura delle
persone ammalate e sofferenti. Io sono qui per loro. La loro testimonianza dà
forza ai nostri sogni, perciò chiedo a voi di applaudire a queste persone.
Questo applauso è per loro! Sono felice di … dire il mio grazie: a Dio per
aver ancora una volta tenuta amorosamente la mia vita nelle sue mani; … ciascuno
di noi ha un sogno da realizzare. Ciascuno di noi ha qualche cosa da dire. Non
solo con le parole; c’è anche chi si esprime con gesti, chi nel silenzio
solidale, chi con un sorriso. L’importante è mantenere vivo il sogno della vita.
L’importante è volare! … fatevi rapire dai vostri ideali! … ho visto la bontà di
Dio, quel Dio che ti prende per mano e che non ti lascia solo, quel Dio che ti
fa superare le paure e che entra in rapporto con te chiedendoti la totale
disponibilità. … Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio.
Ti fa recuperare la dimensione del tuo essere dono. … I poveri hanno bisogno di
persone capaci di amare senza limiti o condizioni; … sono troppi coloro
che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia può durare una vita.
L’omelia del confratello e
amico Padre Giancarlo Politi nella celebrazione del funerale “Padre Giancarlo Bossi, la
fede forte, lieta e provocatrice”
su
La "Passione" del Signore ha condotto i nostri
brevi passi - la nostra preghiera - con la quale vogliamo dire l'addio a padre
Giancarlo Bossi. Un addio che si snoda e si accompagna a ciò che al Signore
stesso è accaduto. La lunga esperienza di fede della Chiesa credente ha da
sempre voluto leggere la nostra vita attraverso la vicenda di Gesù. Difatti, ciò
che stiamo compiendo ha senso soprattutto per una ragione: noi riconosciamo
nella vita di Giancarlo l'azione e lo stile di Dio. Lasciamo allora che la
Parola ci parli, per poterne custodire la memoria. Anche la memoria di
Giancarlo, quasi incollata alla parola di Gesù. La morte sembra impadronirsi di tutto l'uomo
di cui si impossessa, con il suo silenzio definitivo sulle vicende umane, sugli
affetti e su ogni tipo di relazione. La sua risata cordiale non risuonerà più
tra noi. Ma continuerà a manifestarsi attraverso la Parola di Gesù, divenuta
l'interprete autentico di ciò che l'uomo è. Soltanto la parola del Maestro sa
descriverci chi siamo e come siamo. Giancarlo si è consegnato alla vita, in un
incessante sforzo di darle un senso attraverso una semplicità disarmante.
Coltivava nel cuore il desiderio assillante di appartenere tutto a Dio, anche
quando sembrava non trovar parole per esprimerlo. La voglia di vivere con
intensità spiega l'altro desiderio, altrettanto intenso, di consegnarsi al
servizio agli uomini, ai suoi compagni di viaggio: con gioia, senza artifici,
senza rumore. Una cosa sapeva bene. Che la vita non è e non
può essere soltanto un'avventura solitaria, ma al contrario essa è sempre la
nostra risposta personalissima a Colui che ci ha voluti vivi. È stato certamente
un uomo piacevolmente semplice, capace di godere la bellezza del vivere, e
tuttavia assolutamente incapace di tollerare ingiustizie, violenze, sotterfugi
di qualsiasi genere fossero o da qualunque parte provenissero. La risposta a Dio
- ne era convinto - non poteva passare attraverso l'assenza di rispetto per la
persona dell'altro. Il suo custodito e frequente silenzio nelle discussioni che
potevano sembrare accademiche era decisamente quando parola ed azione
minacciavano di dar vita a soprusi. Allora parlava, o se ne andava.
su
La risposta a Dio, al Dio vivente, è stata la
ragione unica del suo partire e lavorare nelle Filippine, dove era giunto nel
1980. Anche in quest'ultima settimana - pur sapendo che il tempo per lui si
stava facendo corto - faceva calcoli per tornare alla terra che è stata "sua
casa" per quasi tre decenni. Si sentiva povero di tutto, ma ricco di voglia di
condividere, di fare del bene, di essere contento di ciò che era e di ciò che
aveva.
La vita con la gente, nella Filippine, gli
fece apprendere una grande lezione: la gioia di vivere non era né poteva essere
il risultato di uno sforzo soltanto suo. Essa scaturiva invece dal suo abbandono
nelle mani di Dio, dal suo “sì” incondizionato a Lui - a Dio -, permettendogli
di gestire la sua propria vita. Questa è stata la fatica più grande, come lo è
per noi. Giancarlo sapeva che tutto si riconduceva in definitiva ad imparare
quel "sì" - disarmato e quotidiano. Ci pensa poi Dio ad agire ed a cambiare i
cuori. Ci pensa Dio a chiamare vicino uomini e donne disponibili a mettersi in
viaggio per andare ad incontrare le persone che ancora non sanno o non vogliono
sapere che Dio ha cura di tutti e di ognuno. Nello stile del Figlio. Il "grazie" che vorremmo esprimere oggi trova
qui le sue radici - perché nella persona di Giancarlo Bossi abbiamo visto "come"
agisce Dio. “Goodbye Boss !!”
su
Cosa scrivere di P. Giancarlo Bossi ora che ci
ha lasciato fisicamente? Tante persone l’hanno conosciuto e poi ne hanno sentito
parlare dopo il suo rapimento nel 2007. Per me è stato uno dei miei migliori
amici e con lui ho passato 38 anni, da quando siamo entrati insieme compagni in
prima teologia al PIME di Monza fino all’ultima volta che ci siamo visti lo
scorso giugno a casa sua. Di avventure e risate ne abbiamo fatte tante insieme
agli altri compagni del PIME Filippine, specie i primi anni con P. Luciano
Benedetti e P. Gianni Re. Il vangelo di questa domenica in cui è morto lo
descrive molto bene. Gesù disse ai suoi: “Chi accoglie uno di questi bambini nel
mio nome, accoglie me.” Giancarlo amava i piccoli, i poveri, i
diseredati. Con facilità sapeva avvicinarli e comprenderli. Per loro era capace
di fare grandi sacrifici e perfino rischiare la vita. Probabilmente gli veniva
spontaneo perché anche lui si considerava piccolo e povero di fronte al Signore,
anche se in Italia al tempo della partenza qualcuno lo chiamava Bud Spencer per
la sua corporatura e risata altisonante. Nelle Filippine aveva passato un po’ tutte le
esperienze. Al nostro primo arrivo siamo stati insieme a Tondo, tra i baraccati.
Là abbiamo studiato il Tagalog, la prima lingua e si cercava di capire cosa
fosse il meglio per quella gente che viveva in una povertà creata completamente
dall’oppressione e dall’egoismo di pochi. Quando il PIME ha lasciato la
parrocchia di Tondo, insieme studiammo la lingua Bisaya a Mindanao per poi
lavorare nella Prelatura di Ipil. Furono anni duri che hanno provato il fisico
di Giancarlo. Sempre su e giù per i monti a visitare le
varie comunità. A Siay ne avevano una settantina. Poi si impegnò nella
costruzione della parrocchia e missione di Payao con le varie strutture, in una
zona dove a mala pena si arriva con una moto da cross. E poi a Sibuco, Zamboanga,
a Bayog e ancora a Payao dove venne rapito 5 anni fa. Il rapimento lasciò un
segno in lui. A me sembrava cambiato. Più stanco, a volte più indeciso, ma anche
più generoso e pronto sempre a servire dove ci fosse bisogno, specie tra i
poveri. Lo scorso febbraio aveva chiesto alla comunità
regionale di poter tornare a Mindanao, anche se era cosciente degli acciacchi
che la malattia iniziava a mettergli addosso. E così venne destinato ad Arakan,
quasi a sostituire P. Fausto Tentorio ucciso lo scorso anno. Poi il rientro
alquanto inaspettato e la malattia finale. Per me sono tanti i ricordi e le vicende
passate insieme e mi ci vorrà del tempo per considerarlo un passato che non
continua, perché Giancarlo fisicamente non lo vedrò più qui in questa vita. Ma
la sua voce forte e dal tono basso, la sua risata disarmante, le sue battute in
dialetto milanese e la sua capacità di ascoltare e confortare non scompariranno
dalla mia vita. Arrivederci Boss e dammi ancora una mano come
hai fatto tante volte in passato. Ora lo potrai fare ancora meglio anche se più
misteriosamente. Ciao!
Nando
Un grazie, una preghiera da
casa, quasi a nome di tutti. “Goditi Dio, ora, ... non ti
resta che la meravigliosa Pace Eterna!”
su Caro Giancarlo, oggi è il giorno dell’ultimo saluto, ma so che
non è un addio! Sono convinta che tu non ci lascerai mai, come non ci lascerà
mai la mia mamma che ha purtroppo condiviso con te il dolore e le sofferenze di
una malattia che vi ha portati fisicamente lontano da noi… Ci sono emozioni che non riesci neanche ad
esprimere, ma che ti porti nel cuore; ci sono presenze che alcuni dicono essere
suggestioni, ma che io invece dico siano amore e fede. Sono convinta che nessuno
muoia mai perché Dio ci ha dato la vita eterna; ci ha messi su questa terra per
darci la possibilità di far vedere chi siamo… ed è soprattutto nei momenti
difficili che viene fuori chi siamo veramente. Tu ci hai insegnato tanto: nei momenti di
gioia e nei momenti di dolore, durante la tua prigionia, la tua liberazione, la
tua malattia, i pranzi, i momenti insieme… Ti dico grazie! Non so se riuscirò mai ad
essere come te… non sono così in gamba, ma spero di non deluderti mai, né te né
la mamma né tutti gli Angeli che sono ora Lassù con voi…non è facile,…alle volte
mi verrebbe da dire… ma arrangiatevi tutti…specialmente quando non mi lasciano
vivere in pace la mia vita solo ed esclusivamente per gelosie, invenzioni di
quando la gente si alza al mattino con la luna storta, ma vado avanti lo stesso,
perché mollare è più facile, …e forse in questo ho preso qualcosa da te, se pur
davvero in minima parte perché non mi posso paragonare a te… forse nel nostro
DNA c’è la volontà più forte di non tirarsi indietro se c’è da aiutare
qualcuno…e allora ti dico “Grazie!” e ti chiedo la forza, insieme alla mia
mamma, di farvi vedere chi siamo davvero. Te lo chiedo per me. Ma ti chiedo anche di
dare la forza al papà, a mio fratello e alla sua famiglia benedetta dall’arrivo
di Luca ed Anna. Ti chiedo di sostenere il Gigi …ci sarebbe
piaciuto tanto che fossi stato tu a celebrare il nostro matrimonio, ma, come ho
detto prima, chi non ci lascia vivere in pace non ci ha dato il tempo ed ora tu
non ci sei, la mamma non c’è… dagli e dacci la forza di non mollare mai…”finché
non suona la campana, va!” Sarebbe fantastico vivere ogni giornata, ogni
problema, ogni difficoltà sempre con il tuo meraviglioso sorriso, con la tua
risata contagiosa, la battuta pronta, il modo di essere…ma di gigante buono ce
n’è uno solo! Mi mancherai, Giancarlo! …sarai sempre nel mio cuore… ti vorrò
sempre bene, un amore così grande come quello verso la mia mamma da togliere il
respiro. Goditi Dio, ora, insieme a lei, perché hai
dimostrato tutto quello che potevi dimostrare e non ti resta che la meravigliosa
Pace Eterna!
E la meraviglia nel saluto
finale della nipote Eleonora: ha fatto brillare nel cielo e nell’animo il volto,
il cuore di Padre Giancarlo, lo ha fatto vedere, sentire, toccare … vivo … per
sempre! “Caro Zione Ciccione …” Caro Zione Ciccione, più volte ci hanno chiesto di scrivere
qualcosa su di te da leggere... non ho mai voluto perché, come è possibile
riuscire a parlare di te in poche righe?! Ma ora il momento si avvicina.... ed io.... Ho paura di non aver imparato tutto quello che
tu potevi insegnare; Ho paura di non aver ascoltato tutto ciò che
avevi da dire; Ho paura di non aver guardato tutto ciò volevi
mostrarmi; Ho paura di non aver dialogato abbastanza o
essere rimasta abbastanza in silenzio con te... L'unica cosa che mi viene da fare è
ringraziarti. Grazie per i tuoi occhi, così limpidi e blu
come il cielo, sempre così attenti e capaci di scrutare lontano; Grazie per le tue grandi mani, così forti e
ferme, capaci costruire cose grandiose; Grazie per quei tuoi piedoni callosi e sempre
ben incorniciati da infradito: di strada ne hanno percorsa e spesso la via non
era affatto in discesa; Grazie per la tua risata così gioiosa e
contagiosa, capace di rompere ogni barriera e arrivare dritta al cuore; Grazie per le tue battute disarmanti; Grazie per la tua capacità di "cambiare aria"; Grazie per la tua capacità di stupirti delle
cose più semplici; Grazie per il tuo abbraccio che culla, così
avvolgente e caldo; Grazie per le poche parole che dici, ma che
sembrano sempre un mare infinito e grazie dei tuoi silenzi, sempre così pieni; Grazie per la tua capacità di ascoltare, senza
aver la pretesa di dire ad ogni costo la tua; Grazie per la tua capacità de rendere ogni
luogo "casa" e ogni individuo "persona"; Grazie per essere stato più che un fratello
per "tuo cognato" e infinitamente gigante per tua sorella e per tuo fratello;
su
Grazie per aver sempre partecipato alle gioie e
ai dolori della nostra famiglia; Grazie per essere stato un amico generoso per
tantissime persone; Grazie per il tuo donare compagnia agli
anziani; Grazie per aver portato sul mio cammino
persone meravigliose che insegnano cosa sia veramente la vita; Grazie per il tuo unico dubbio sul diventare
prete: non poter essere papà, e hai comunque deciso di diventare papà di molti; Grazie per esserti innamorato della povertà e
per essere sempre così innamorato della vita; Grazie per esserti innamorato della Missione e
delle Filippine tua seconda, o forse, prima casa; Grazie per essere così innamorato di
Castelletto, della tua gente; Grazie per aver mostrato l'umanità e la
semplicità della Chiesa, e aver sempre combattuto contro le scarpette rosse; Grazie per il aver camminato sempre in punta
di piedi, senza mai fare troppo rumore; Grazie per la forza con cui hai affrontato la
tua malattia, per come sei sempre stato attento a non disturbare troppo; Grazie per la tua profonda fede; Grazie per essere il mio punto di riferimento
e ora che ti nascondi dietro le nuvole, dammi comunque qualche frontone; Grazie, Ancora Grazie, Infinitamente Grazie, E scusa se non sono riuscita a farti conoscere
meglio con queste poche e magari banali parole, Quindi ti dico..... Semplicemente Ciao ! Con profondo Amore, La tua dottoressa
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