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Morte di Padre Giancarlo Bossi

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Annuncio in Parrocchia Testimonianze nella morte Pontificie Opere Missionarie
Immagine Padre Bossi

A Loreto con i giovani

Centro Missionario Diocesano
Radio Vaticana

L'omelia di Padre Politi

Missioni
 

Un confratello nella missione

 
Padre Giancarlo Bossi

Grazie da chi vuole bene

 
 

Grazie allo zio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dalla Radio Vaticana

 

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TESTIMONIANZE NELL'OCCASIONE DELLA MORTE

Anche in questo mese il parroco, molto volentieri, cede ancora una volta la parola a persone che hanno lasciato e possono continuare a lasciare un segno nella nostra vita. La parola ci giunge soprattutto dalla testimonianza che ci hanno offerto queste persone, ma anche attraverso la voce di chi è stato segnato nel profondo del cuore dall’incontro con tali persone.

Questa volta tocca al nostro carissimo Padre Giancarlo Bossi che da pochi giorni si è affidato per sempre al Signore, nella pienezza della Vita.

“Nella persona di Giancarlo Bossi abbiamo visto come agisce Dio …” sono state le parole conclusive dell’omelia di Padre Politi al funerale. Questo è avvenuto nella sua umanità, nel suo distacco dalle “cose” che lo ha reso veramente povero, capace così di gustare ogni bellezza del creato e dell’opera uomo; il Signore ha potuto farsi incontrare in Padre Giancarlo nel suo farsi vicino ad ogni persona, simpatico, semplice, vero, profondo, gioioso; nella sua fede continuamente ricercata, vissuta, testimoniata ... invocata; nel suo essere pastore attento, saggio e solerte, saldo, ricco di forza e tenerezza, dalla parte dei  piccoli.

Gli scritti riportati più avanti possono aiutare proprio a riconoscere quell’azione di Dio in Padre Giancarlo.

Accanto a queste parole possiamo mettere anche quelle ascoltate da Don Roberto e da Don Egidio nell’occasione dei loro anniversari sacerdotali. Non le ricordo con precisione, ma hanno segnato il cuore di chi le ha ascoltate: parole semplici e profonde, ricche di una grande fede, cariche di intensa umanità e passione per il Signore e per le “pecorelle del gregge loro affidato”.

Parole capaci di orientare un nuovo anno di vita pastorale, anzi una vita intera!

Parole capaci di far sentire vicino il Signore, di rendere attenti alla sua voce e magari anche di rispondergli con generosità.

Una volta è il profeta Elia che si scoraggia fino a voler morire, quando vede la “sua” strepitosa vittoria per il “suo” Dio tramutarsi in fallimento e fuga. Poi però si lascia condurre per mano, proprio da questo Dio, e cammina e cammina verso di lui. Gli consegna tutta la vita, gli permette di capovolgere l’immagine stessa di Dio che lui, profeta, aveva in testa. Alla fine arriva a “sentire” Dio.

Un’altra volta è il cieco Bartimeo, che, all’invito del Signore, balza su con tutto l’entusiasmo del suo cuore, getta via, col mantello, tutto quanto aveva di prezioso e corre. Lui, cieco, corre da Gesù, quel Gesù che compie  meraviglie “per strada e a tavola”,  dentro la vita di ogni giorno, anche nella tua. pur di riuscire ad accendervi la fede.

*  *  *  *  *  *  *

PADRE GIANCARLO BOSSI

La parola di Padre Giancarlo ai giovani radunati a Loreto con il Papa

“Ho compassione dei miei rapitori, poveri diavoli abbruttiti dalla povertà”

 su  Santo Padre, sono felice di essere con lei questa sera per dire il mio grazie: a Dio per aver ancora una volta tenuta amorosamente la mia vita nelle sue mani; a Lei per avermi portato nel suo cuore di padre durante il mio sequestro; a tutti questi giovani perché con la loro preghiera e il loro amore mi dato il coraggio di rimanere fedele a Cristo, alla sua Chiesa, alla mia vocazione missionaria e alla gente a cui appartengo. Grazie in nome di Dio.

Mai avrei pensato nella mia vita di trovarmi di fronte a tanti giovani. Chiedo scusa se mi vedete impacciato. La parola non è il mio forte. Sono convinto che ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Ciascuno di noi ha qualche cosa da dire. Non solo con le parole; c’è anche chi si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso. L’importante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare! Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali! Io ho iniziato a sognare quando ho deciso di entrare in seminario, ho continuato il mio sogno durante la mia ordinazione sacerdotale, l’ho vissuto nelle Filippine per tantissimi anni. L’ho toccato con mano durante i giorni del mio rapimento.

Sono un missionario dico un povero missionario, uno delle migliaia di preti impegnati in tutti i paesi poveri del mondo. Vivo nelle Filippine da 27 anni. Continuerò a farlo. Spero. Questa storia non mi cambia, non mi cambierà. Anzi, no, qualcosa di diverso c’è: ho smesso di fumare e spero di non riprendere. La mia avventura è iniziata il 10 giugno, festa del Corpus Domini, una festa a cui tengo molto. Avevo detto Messa alle 7.00 nella chiesa di Payao, poi ero salito sulla moto per andare a un’altra celebrazione.

Ho visto questi uomini in divisa, con i mitra. Pensavo fossero dell’esercito. Poi ho capito, ma la frittata ormai era fatta. Mi avevano preso. Ricordo che quando stavo salendo sulla barca con loro il mio primo pensiero è andato alla gente della mia parrocchia in Payao. Durante il lungo viaggio in mare, coperto da un telone, mi sono chiesto che cosa il Padre mi chiedeva. E’ così sono iniziati i 40 giorni di prigionia. Ho patito la fame, tantissimo, e la fatica. Ma non ho mai avuto paura di morire. Cercavo di parlare con i miei rapitori. Ho chiesto loro: «Voi pregate come me il Dio della Pace. Com’è che lo fate col mitra alla sinistra e un sequestrato alla destra?» Mi hanno risposto che Allah è nel cuore. Il rapimento è lavoro. Pagati per eseguire un rapimento, l’hanno fatto.

 su  Sono stato per quaranta giorni sulle montagne. Mi ci hanno portato con forza. Però ho visto attorno a me persone povere, spaventate. Persone che volevano farsi forza tenendo tra le mani un fucile. Per loro ho provato compassione. Ho cercato anche di mettermi nei loro panni. Anche in loro ho visto la bontà di Dio. Quel Dio che ti prende per mano e che non ti lascia solo. Quel Dio che ti fa superare le paure e che entra in rapporto con te chiedendoti la totale disponibilità. Durante i quaranta giorni del mio deserto nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Ti fa recuperare la dimensione del tuo essere dono. In quel momento ho chiesto al Padre di mandare un prete a Payao, che sapesse amare la gente di Payao.

I miei rapitori erano tutti giovanissimi, intorno ai vent’anni. Ho capito che avevano già ucciso. Cercavo di capire con le mie domande, di fissare un dialogo con i rapitori. Mi sono reso conto che anche loro sono dei poveri diavoli, abbrutiti più dalla povertà che dalla volontà di fare del male. Dall’esterno non arrivava nessuna notizia. I giorni passavano e mi sentivo scoraggiato. Col rosario mi tenevo aggiornato sulle date, ma la conta è stata estenuante. Temevo che il rapimento sarebbe durato 3, 4 mesi, così quando mi hanno detto che mi avrebbero lasciato andare non ci ho mai creduto. Pensavo mi prendessero in giro. Invece, mi hanno liberato. Il 19 luglio.


Ho voluto telefonare subito casa, per rassicurare la mia mamma, che proprio quel giorno ha compiuto 87 anni. E’ stata una telefonata d’istinto, di pancia. Sono in Italia da qualche settimana ormai, ma voglio tornare il prima possibile dalla mia parrocchia di Payao, dai miei bambini. I poveri hanno bisogno di persone capaci di amare senza limiti o condizioni, e a Payao la gente è povera. Io sono stato sequestrato fisicamente, ma sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia può durare una vita. Qui, in Italia, mi capita di sentire dei bambini o anche dei grandi che, di fronte al cibo, dicono: «Che schifo». Nelle Filippine vedo i loro coetanei frugare nella spazzatura e ringraziare Dio se trovano qualcosa. C’è una distorsione profonda in tutto questo. Qui c’è bisogno di recuperare i valori, là nelle Filippine delle condizioni di vita più umane.

 su  Ma permettetemi un ultimo pensiero: mi sono chiesto molte volte il perché del mio rapimento, perché proprio a me, che amo lavorare nel nascondimento e mi sono detto che ci sono molte persone che non vogliono pubblicità ma che nel segreto ogni giorno si prendono cura delle persone ammalate e sofferenti. Io sono qui per loro. La loro testimonianza dà forza ai nostri sogni, perciò chiedo a voi di applaudire a queste persone. Questo applauso è per loro!

Sono felice di … dire il mio grazie: a Dio per aver ancora una volta tenuta amorosamente la mia vita nelle sue mani; … ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Ciascuno di noi ha qualche cosa da dire. Non solo con le parole; c’è anche chi si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso. L’importante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare! … fatevi rapire dai vostri ideali! … ho visto la bontà di Dio, quel Dio che ti prende per mano e che non ti lascia solo, quel Dio che ti fa superare le paure e che entra in rapporto con te chiedendoti la totale disponibilità. … Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Ti fa recuperare la dimensione del tuo essere dono. … I poveri hanno bisogno di persone capaci di amare senza limiti o condizioni; …  sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia può durare una vita.

L’omelia del confratello e amico Padre Giancarlo Politi nella celebrazione del funerale

“Padre Giancarlo Bossi, la fede forte, lieta e provocatrice”

 su  La "Passione" del Signore ha condotto i nostri brevi passi - la nostra preghiera - con la quale vogliamo dire l'addio a padre Giancarlo Bossi. Un addio che si snoda e si accompagna a ciò che al Signore stesso è accaduto. La lunga esperienza di fede della Chiesa credente ha da sempre voluto leggere la nostra vita attraverso la vicenda di Gesù. Difatti, ciò che stiamo compiendo ha senso soprattutto per una ragione: noi riconosciamo nella vita di Giancarlo l'azione e lo stile di Dio. Lasciamo allora che la Parola ci parli, per poterne custodire la memoria. Anche la memoria di Giancarlo, quasi incollata alla parola di Gesù.

La morte sembra impadronirsi di tutto l'uomo di cui si impossessa, con il suo silenzio definitivo sulle vicende umane, sugli affetti e su ogni tipo di relazione. La sua risata cordiale non risuonerà più tra noi. Ma continuerà a manifestarsi attraverso la Parola di Gesù, divenuta l'interprete autentico di ciò che l'uomo è. Soltanto la parola del Maestro sa descriverci chi siamo e come siamo.

Giancarlo si è consegnato alla vita, in un incessante sforzo di darle un senso attraverso una semplicità disarmante. Coltivava nel cuore il desiderio assillante di appartenere tutto a Dio, anche quando sembrava non trovar parole per esprimerlo. La voglia di vivere con intensità spiega l'altro desiderio, altrettanto intenso, di consegnarsi al servizio agli uomini, ai suoi compagni di viaggio: con gioia, senza artifici, senza rumore.

Una cosa sapeva bene. Che la vita non è e non può essere soltanto un'avventura solitaria, ma al contrario essa è sempre la nostra risposta personalissima a Colui che ci ha voluti vivi. È stato certamente un uomo piacevolmente semplice, capace di godere la bellezza del vivere, e tuttavia assolutamente incapace di tollerare ingiustizie, violenze, sotterfugi di qualsiasi genere fossero o da qualunque parte provenissero. La risposta a Dio - ne era convinto - non poteva passare attraverso l'assenza di rispetto per la persona dell'altro. Il suo custodito e frequente silenzio nelle discussioni che potevano sembrare accademiche era decisamente quando parola ed azione minacciavano di dar vita a soprusi. Allora parlava, o se ne andava.

 su  La risposta a Dio, al Dio vivente, è stata la ragione unica del suo partire e lavorare nelle Filippine, dove era giunto nel 1980. Anche in quest'ultima settimana - pur sapendo che il tempo per lui si stava facendo corto - faceva calcoli per tornare alla terra che è stata "sua casa" per quasi tre decenni. Si sentiva povero di tutto, ma ricco di voglia di condividere, di fare del bene, di essere contento di ciò che era e di ciò che aveva.

La vita con la gente, nella Filippine, gli fece apprendere una grande lezione: la gioia di vivere non era né poteva essere il risultato di uno sforzo soltanto suo. Essa scaturiva invece dal suo abbandono nelle mani di Dio, dal suo “sì” incondizionato a Lui - a Dio -, permettendogli di gestire la sua propria vita. Questa è stata la fatica più grande, come lo è per noi. Giancarlo sapeva che tutto si riconduceva in definitiva ad imparare quel "sì" - disarmato e quotidiano.

Ci pensa poi Dio ad agire ed a cambiare i cuori. Ci pensa Dio a chiamare vicino uomini e donne disponibili a mettersi in viaggio per andare ad incontrare le persone che ancora non sanno o non vogliono sapere che Dio ha cura di tutti e di ognuno. Nello stile del Figlio.

Il "grazie" che vorremmo esprimere oggi trova qui le sue radici - perché nella persona di Giancarlo Bossi abbiamo visto "come" agisce Dio.

Il saluto del confratello padre Ferdinando Milani, suo compagno di missione, che con lui ha condiviso quasi quarant’anni.

“Goodbye Boss !!”

 su  Cosa scrivere di P. Giancarlo Bossi ora che ci ha lasciato fisicamente? Tante persone l’hanno conosciuto e poi ne hanno sentito parlare dopo il suo rapimento nel 2007. Per me è stato uno dei miei migliori amici e con lui ho passato 38 anni, da quando siamo entrati insieme compagni in prima teologia al PIME di Monza fino all’ultima volta che ci siamo visti lo scorso giugno a casa sua. Di avventure e risate ne abbiamo fatte tante insieme agli altri compagni del PIME Filippine, specie i primi anni con P. Luciano Benedetti e  P. Gianni Re. Il vangelo di questa domenica in cui è morto lo descrive molto bene. Gesù disse ai suoi: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me.”

Giancarlo amava i piccoli, i poveri, i diseredati. Con facilità sapeva avvicinarli e comprenderli. Per loro era capace di fare grandi sacrifici e perfino rischiare la vita. Probabilmente gli veniva spontaneo perché anche lui si considerava piccolo e povero di fronte al Signore, anche se in Italia al tempo della partenza qualcuno lo chiamava Bud Spencer per la sua corporatura e risata altisonante.

Nelle Filippine aveva passato un po’ tutte le esperienze. Al nostro primo arrivo siamo stati insieme a Tondo, tra i baraccati. Là abbiamo studiato il Tagalog, la prima lingua e si cercava di capire cosa fosse il meglio per quella gente che viveva in una povertà creata completamente dall’oppressione e dall’egoismo di pochi. Quando il PIME ha lasciato la parrocchia di Tondo, insieme studiammo la lingua Bisaya a Mindanao per poi lavorare nella Prelatura di Ipil. Furono anni duri che hanno provato il fisico di Giancarlo.

Sempre su e giù per i monti a visitare le varie comunità. A Siay ne avevano una settantina. Poi si impegnò nella costruzione della parrocchia e missione di Payao con le varie strutture, in una zona dove a mala pena si arriva con una moto da cross. E poi a Sibuco, Zamboanga, a Bayog e ancora a Payao dove venne rapito 5 anni fa. Il rapimento lasciò un segno in lui. A me sembrava cambiato. Più stanco, a volte più indeciso, ma anche più generoso e pronto sempre a servire dove ci fosse bisogno, specie tra i poveri.

Lo scorso febbraio aveva chiesto alla comunità regionale di poter tornare a Mindanao, anche se era cosciente degli acciacchi che la malattia iniziava a mettergli addosso. E così venne destinato ad Arakan, quasi a sostituire P. Fausto Tentorio ucciso lo scorso anno. Poi il rientro alquanto inaspettato e la malattia finale.

Per me sono tanti i ricordi e le vicende passate insieme e mi ci vorrà del tempo per considerarlo un passato che non continua, perché Giancarlo fisicamente non lo vedrò più qui in questa vita. Ma la sua voce forte e dal tono basso, la sua risata disarmante, le sue battute in dialetto milanese e la sua capacità di ascoltare e confortare non scompariranno dalla mia vita.

Arrivederci Boss e dammi ancora una mano come hai fatto tante volte in passato. Ora lo potrai fare ancora meglio anche se più misteriosamente.  Ciao!

                 Nando

Un grazie, una preghiera da casa, quasi a nome di tutti.

“Goditi Dio, ora, ... non ti resta che la meravigliosa Pace Eterna!”

 su Caro Giancarlo,

oggi è il giorno dell’ultimo saluto, ma so che non è un addio! Sono convinta che tu non ci lascerai mai, come non ci lascerà mai la mia mamma che ha purtroppo condiviso con te il dolore e le sofferenze di una malattia che vi ha portati fisicamente lontano da noi…

Ci sono emozioni che non riesci neanche ad esprimere, ma che ti porti nel cuore; ci sono presenze che alcuni dicono essere suggestioni, ma che io invece dico siano amore e fede. Sono convinta che nessuno muoia mai perché Dio ci ha dato la vita eterna; ci ha messi su questa terra per darci la possibilità di far vedere chi siamo… ed è soprattutto nei momenti difficili che viene fuori chi siamo veramente.

Tu ci hai insegnato tanto: nei momenti di gioia e nei momenti di dolore, durante la tua prigionia, la tua liberazione, la tua malattia, i pranzi, i momenti insieme…

Ti dico grazie! Non so se riuscirò mai ad essere come te… non sono così in gamba, ma spero di non deluderti mai, né te né la mamma né tutti gli Angeli che sono ora Lassù con voi…non è facile,…alle volte mi verrebbe da dire… ma arrangiatevi tutti…specialmente quando non mi lasciano vivere in pace la mia vita solo ed esclusivamente per gelosie, invenzioni di quando la gente si alza al mattino con la luna storta, ma vado avanti lo stesso, perché mollare è più facile, …e forse in questo ho preso qualcosa da te, se pur davvero in minima parte perché non mi posso paragonare a te… forse nel nostro DNA c’è la volontà più forte di non tirarsi indietro se c’è da aiutare qualcuno…e allora ti dico “Grazie!” e ti chiedo la forza, insieme alla mia mamma, di farvi vedere chi siamo davvero.

Te lo chiedo per me. Ma ti chiedo anche di dare la forza al papà, a mio fratello e alla sua famiglia benedetta dall’arrivo di Luca ed Anna.

Ti chiedo di sostenere il Gigi …ci sarebbe piaciuto tanto che fossi stato tu a celebrare il nostro matrimonio, ma, come ho detto prima, chi non ci lascia vivere in pace non ci ha dato il tempo ed ora tu non ci sei, la mamma non c’è… dagli e dacci la forza di non mollare mai…”finché non suona la campana, va!” Sarebbe fantastico vivere ogni giornata, ogni problema, ogni difficoltà sempre con il tuo meraviglioso sorriso, con la tua risata contagiosa, la battuta pronta, il modo di essere…ma di gigante buono ce n’è uno solo! Mi mancherai, Giancarlo! …sarai sempre nel mio cuore… ti vorrò sempre bene, un amore così grande come quello verso la mia mamma da togliere il respiro.

Goditi Dio, ora, insieme a lei, perché hai dimostrato tutto quello che potevi dimostrare e non ti resta che la meravigliosa Pace Eterna!

E la meraviglia nel saluto finale della nipote Eleonora: ha fatto brillare nel cielo e nell’animo il volto, il cuore di Padre Giancarlo, lo ha fatto vedere, sentire, toccare … vivo … per sempre!

 su 

“Caro Zione Ciccione …”

Caro Zione Ciccione,

più volte ci hanno chiesto di scrivere qualcosa su di te da leggere... non ho mai voluto perché, come è possibile riuscire a parlare di te in poche righe?!

Ma ora il momento si avvicina.... ed io....

Ho paura di non aver imparato tutto quello che tu potevi insegnare;

Ho paura di non aver ascoltato tutto ciò che avevi da dire;

Ho paura di non aver guardato tutto ciò volevi mostrarmi;

Ho paura di non aver dialogato abbastanza o essere rimasta abbastanza in silenzio con te...

L'unica cosa che mi viene da fare è ringraziarti.

Grazie per i tuoi occhi, così limpidi e blu come il cielo, sempre così attenti e capaci di scrutare lontano;

Grazie per le tue grandi mani, così forti e ferme, capaci costruire cose grandiose;

Grazie per quei tuoi piedoni callosi e sempre ben incorniciati da infradito: di strada ne hanno percorsa e spesso la via non era affatto in discesa;

Grazie per la tua risata così gioiosa e contagiosa, capace di rompere ogni barriera e arrivare dritta al cuore;

Grazie per le tue battute disarmanti;

Grazie per la tua capacità di "cambiare aria";

Grazie per la tua capacità di stupirti delle cose più semplici;

Grazie per il tuo abbraccio che culla, così avvolgente e caldo;

Grazie per le poche parole che dici, ma che sembrano sempre un mare infinito e grazie dei tuoi silenzi, sempre così pieni;

Grazie per la tua capacità di ascoltare, senza aver la pretesa di dire ad ogni costo la tua;

Grazie per la tua capacità de rendere ogni luogo "casa" e ogni individuo "persona";

Grazie per essere stato più che un fratello per "tuo cognato" e infinitamente gigante per tua sorella e per tuo fratello;

 su  Grazie per aver sempre partecipato alle gioie e ai dolori della nostra famiglia;

Grazie per essere stato un amico generoso per tantissime persone;

Grazie per il tuo donare compagnia agli anziani;

Grazie per aver portato sul mio cammino persone meravigliose che insegnano cosa sia veramente la vita;

Grazie per il tuo unico dubbio sul diventare prete: non poter essere papà, e hai comunque deciso di diventare papà di molti;

Grazie per esserti innamorato della povertà e per essere sempre così innamorato della vita;

Grazie per esserti innamorato della Missione e delle Filippine tua seconda, o forse, prima casa;

Grazie per essere così innamorato di Castelletto, della tua gente;

Grazie per aver mostrato l'umanità e la semplicità della Chiesa, e aver sempre combattuto contro le scarpette rosse;

Grazie per il aver camminato sempre in punta di piedi, senza mai fare troppo rumore;

Grazie per la forza con cui hai affrontato la tua malattia, per come sei sempre stato attento a non disturbare troppo;

Grazie per la tua profonda fede;

Grazie per essere il mio punto di riferimento e ora che ti nascondi dietro le nuvole, dammi comunque qualche frontone;

Grazie,

Ancora Grazie,

Infinitamente Grazie,

E scusa se non sono riuscita a farti conoscere meglio con queste poche e magari banali parole,

Quindi ti dico..... Semplicemente Ciao !

Con profondo Amore,

La tua dottoressa

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